Le serie tv ora puntano sul pecoreccio

Le serie tv ora puntano sul pecoreccio

Fellatio, sadomaso, giochi a tre, incesti, lezioni di kamasutra. Inquadrature fisse su seni che sfidano la forza di gravità, glutei tondi come una mela, gambe da vertigine. Le serie televisive, acclamate dalla critica come raffinati prodotti pronti a rottamare il cinema, virano verso il porno soft senza rinunciare a sortite nel pecoreccio in stile Lino Banfi. La polemica era nell’aria. Ma l’ultima stagione di Game of Thrones, la strombazzata saga in Italia in onda su Sky, ha fatto traboccare la goccia dal vaso e aperto ufficialmente il dibattito. Come spiegare ai figli non ancora adolescenti cosa fa quella prostituta in ginocchio di fronte a un soldataccio e soprattutto perché si rialza pulendosi la bocca col dorso della mano? Perché le ragazze vanno a letto con giocattoli di forma cilindrica? Cosa intende la schiava di casa Stark quando dice al cavaliere che le sta davanti cose tipo questa: «Prova a entrare, è calda e non morde» (ogni riferimento alla celebre Osteria numero venti pare casuale ma calzante). Imbarazzo coi minorenni a parte, queste scene hard in cui pare specializzata Emilia Clarke, regina dei Botrachi, fanno a cazzotti col contesto aristocratico in cui tutti i personaggi ostentano un contegno pari alla propria posizione e hanno il culto dell’etichetta. Almeno fino a quando non si sfilano i pantaloni, e succede spesso.
Game of Thrones non è un caso isolato. Se passiamo dal fantastico allo storico, capiamo che dietro i grandi eventi ci sono sempre grandi «passioni». In Spartacus, i duelli nell’arena di Capua sono solo brevi interruzioni dell’infinita varietà di accoppiamenti: gladiatore-tardona; gladiatore-giovane matrona; gladiatore-schiava; gladiatore-gladiatore. Nei Borgia, il Papa è così stressato dalla politica da non trovare altro sfogo se non esibirsi in amplessi con la servetta, omaggiata di cunnilingus quando, evidentemente, l’età lo tradisce. Più che una serie in costume sui Borgia sembra un film scostumato di Luana Borgia. Nei Tudors, l’attività di governo è secondaria. Sul trono di Inghilterra si va a riposare solo dopo spossanti performance notturne. Californication ha come ragione sociale la copula: si vede di tutto. Rarità come una ragazza squirter (andate su internet a vedere cosa significa) o anche ormai banali orgette, passando per sadomaso d’ordinanza, seduzioni di minorenni tutt’altro che innocenti e un ampio campionario di malattie veneree. In True Blood c’è la variante vampiresca. La protagonista è attratta dai succhiasangue, bei tomi dalle capacità amatorie sovrumane. E giù ammucchiate: vampiro con vampiro, vampira con umano, umana con vampiro, mutaforma con umano, umana con mutaforma, strega con umana e umano, tutti con tutti, ’ndo cojo cojo.
Per Vanity Fair, Games of Thrones si è avventurato sul terreno della parodia del porno, tanto le scene sono stereotipate ed esibite (e comiche, aggiungiamo noi). I detrattori hanno anche ribattezzato la serie Game of Porn. I fini esegeti della saga ribattono che il sesso è fondamentale per lo sviluppo della storia. A esempio, all’inizio la regina dei Botrachi è sottomessa, a letto, da quel bestione del marito. Poi, appresa l’arte di soddisfarlo, ribalta i ruoli diventando donna e vera regina in un colpo solo (beh, più di uno).
Questo inarrestabile scivolamento nel soft porno ha dato vita anche a una discussione giornalistico-culturale. Il New York Times, in cerca di una spiegazione del fenomeno, ha argomentato, citando alcuni produttori, che le scene hard sono necessarie per attirare il pubblico femminile. Il genere storico, o il fantasy, non garba alle signore.

Per tenerle davanti al teleschermo serve dunque qualche scena a luci rosse. Nei blog e sui giornali è scattata la reazione femminista: non diciamo sciocchezze, siamo emancipate, se vogliamo sesso esplicito ci guardiamo un porno. Masturbazioni mentali?

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