
Lei si siede placida, con il suo barboncino Why sulle ginocchia, e come una diva d'altri tempi annuncia sottovoce: «Questo è l'ultimo disco che ho fatto e che farò». Il ristorante è stile vecchia Milano, dietro alla stazione di Porta Genova. L'atmosfera demodé. Certo, Ornella Vanoni è la cantante che non t'aspetti e quindi tutto può succedere, persino che registri subito un altro disco (intanto è già previsto un cofanetto celebrativo e Berlusconi le ha persino chiesto di cantare i brani di Apicella). Ma le tredici belle interpretazioni dell'album Meticci (io mi fermo qui) hanno tutta l'aria di essere le ultime inedite di una carriera che più favolosa non si può, iniziata nel 1953 all'Accademia di Strehler ed entrata subito dopo nella storia della canzone d'autore. La cantante della Mala. La musa di Gino Paoli. Le collaborazioni con Vinicius de Moraes e Toquinho. Infine il jazz. Ora che sta per lasciare lo storico appartamento di Largo Treves qui a Milano («Troppo grande, troppe spese, troppa Imu»), la Vanoni lascia anche la discografia e non sembra pentita neanche un po': «L'ho composto con un grande talento di vent'anni, Lorenzo Vizzini, e una leggenda della musica come Mario Lavezzi, impossibile non essere contenti». In effetti.
Però, signora Vanoni, dopo sei decenni non sarà facile dire stop.
«Sa quanto ho impiegato a registrare queste canzoni? Oltre un anno e mezzo, un'eternità per me».
Per tutti.
«Non andavo in studio perché so benissimo che i dischi ormai non si vendono più. Nel 2007 ho pubblicato un album di cui sono orgogliosissima che però nessuno si è filato: Una bellissima ragazza. Da allora ho iniziato a capire che i tempi sono cambiati. Perciò oggi sono molto triste. Per fortuna Lavezzi ha voluto dare molta vivacità al disco e io gli sono andata dietro».
Perché l'ha intitolato Meticci?
«Mi dicevano: lascia perdere, quella parola può essere equivocata, scegline un'altra».
Si sa come funziona.
«Ma ho insistito».
Perché?
«Perché il mondo è meticcio. I meticci sono le persone che non riesci a catalogare. I veri artisti sono meticci. Lucio Dalla lo era».
Infatti nel disco canta la sua 4 marzo '43.
«E la canterò al maschile: Mi chiamo Gesù bambino.... Lucio aveva una curiosità folle per tutto e mi manca da matti. Certo, vedendo la situazione del suo patrimonio, ormai abbandonato senza testamento, mi convinco che lui pensasse di non morire mai».
Ma davvero lei vuole smettere?
«Di andare in studio di incisione sì. E anche di fare lunghi tour, non ce la faccio più. Il prossimo anno però farò qualche rappresentazione teatrale con uno spettacolo che sto scrivendo e che si intitola Un filo di trucco un filo di tacco. Era la regola che mi imponeva mia mamma quando uscivo con i capelli sparati e vestita male. Me ne sono sempre fregata di tutto».
Ma è rimasta attuale.
«Sono ancora cartacea. Ho provato a capire le regole del web e dei social network, ma dopo un po' mi sono stancata. Alle email preferisco le telefonate. Sa che risate mi faccio con De Gregori quando ci sentiamo?».
Nel disco ci sono brani scritti anche da Nada e da Battiato. Perciò tutto fa pensare che da parte ci sia un inedito per il Festival di Sanremo.
«Avrei potuto partecipare all'ultima edizione, poi non se ne è fatto nulla. E a me, se proprio devo esser sincera, va anche bene così».
Se non altro perché, per dirla tutta, Ornella Vanoni in gara non avrebbe granché senso. Come superospite sì.