Dazi, Meloni dice sì a Trump: il 10% sostenibile "Sono ottimista"

Nato, stoccata alla Lega: "Risoluzione firmata dalla maggioranza. Pure Giorgetti è d’accordo. Non leveremo un solo euro agli italiani"

Dazi, Meloni dice sì a Trump: il 10% sostenibile "Sono ottimista"
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nostro inviato a L'Aia

Quanto siano strettamente interconnessi il vertice Nato che si è chiuso ieri a L'Aia e la trattativa sui dazi ancora in corso tra Stati Uniti e Europa lo si capisce dall'affondo riservato da Donald Trump al premier spagnolo Pedro Sanchez. Quello che ha fatto la Spagna, dice, è "terribile" perché "si rifiuta di pagare la sua quota" per arrivare al 5 del Pil delle spese di difesa e sicurezza entro il 2035 come stabilito dai Paesi dell'Alleanza atlantica. Quindi, aggiunge il presidente americano, "faremo pagare a Madrid il doppio dell'accordo sui dazi".

A parte la non scontata praticabilità della minaccia (il commercio è materia comunitaria e l'accordo sarà tra Stati Uniti e l'intera Ue), le parole dell'ex tycoon sono la riprova che nel corso del summit olandese si è sì discussa e limata la dichiarazione finale con cui i 32 Paesi Nato hanno sottoscritto l'accordo sul 5%, ma si è anche ragionato su quale può essere il punto di caduta della trattativa sui dazi che si dovrebbe chiudere entro il 9 luglio. Circostanza che di fatto conferma la stessa Giorgia Meloni nel corso di un punto stampa al termine del summit. Martedì sera, durante la cena che ha aperto il summit olandese, la premier e il presidente americano erano seduti uno a fianco all'altro e hanno parlato a lungo. "Anche di dazi?", chiede un giornalista. "Ongoing, nel senso che è una discussione che continua ad andare avanti", risponde Meloni. Che aggiunge di aver sottolineato sia nel suo intervento alla Nato che direttamente a Trump come "una maggiore integrazione e forza dell'Alleanza atlantica e una maggiore integrazione tra le nostre economie sono due facce della stessa medaglia, due cose che devono camminare insieme". Ragione per cui la premier non esita a definirsi "abbastanza ottimista" sul fatto che si riuscirà a trovare una soluzione. Che potrebbe essere quella di dazi al 10%, soluzione evocata dal ministro degli Esteri Antonio Tajani e su cui si starebbe orientando anche la presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen. E che Meloni non fa mistero di considerare sostenibile. "Non penso che la misura del 10% sia per noi particolarmente impattante" e "ci consente anche, per quello che ci riguarda, di continuare a lavorare su delle cose che a noi stanno particolarmente a cuore".

La premier si dice poi soddisfatta dell'accordo sul 5% del Pil, che ha mandato nei fatti un "messaggio di compattezza dell'Alleanza atlantica". D'altra parte, i distinguo di Madrid sono solo di facciata. Perché, dice Meloni, "l'Italia ha fatto come la Spagna o viceversa" visto che "abbiamo firmato lo stesso documento". Un impegno economicamente importante, anche se diluito di qui al 2035. Ma, assicura Meloni, "non toglieremo un euro alle priorità degli italiani" e nel 2026 "non attiveremo la clausola di salvaguardia prevista dal Patto di stabilità" per far fronte alle spese per la difesa. Con l'occasione, la premier dà anche una stoccata alla Lega, visto che proprio ieri il responsabile economico del Carroccio Alberto Bagnai ha definito il 5% un "obiettivo irragiungibile e insostenibile socialmente". Secca la replica di Meloni. Sull'intesa raggiunta a L'Aja, dice, "mi pare che siamo tutti d'accordo" visto che "io vengo qui con una risoluzione votata da tutta la maggioranza". Insomma, "è una decisione che abbiamo preso con cognizione di causa" e "con il ministro dell'Economia" Giancarlo Giorgetti, anche lui della Lega come Bagnai.

La premier, infine, ribadisce la necessità di un sostegno a lungo termine dell'Ucraina.

Concetto su cui è tornata nella riunione in formato E5 (con Francia, Germania, Italia, Polonia e Regno Unito) a cui ha partecipato anche l'Ucraina al termine del summit Nato. L'occasione per superare le incomprensioni che si erano registrate a Tirana a metà maggio.

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