Se Enrico Mattei fosse ancora in vita, non crederebbe ai propri occhi osservando la situazione energetica in cui si trova l'Italia tra caro bollette, rischio di razionamenti e assenza di una propria autonomia. Soprattutto il fondatore di Eni, scomparso il 27 ottobre 1962 a causa della caduta del suo aereo in seguito a un sabotaggio, rimarrebbe attonito per la mancanza di una prospettiva a medio lungo termine per il nostro Paese su un tema cruciale per l'interesse e la sicurezza nazionale come l'energia.
A distanza di sessant'anni dalla morte, colpiscono l'attualità della sua visione e la capacità di dar vita, in un momento storico molto complesso dopo la sconfitta nella Seconda guerra mondiale, a un colosso come l'Eni, determinante per rendere l'Italia una potenza industriale e portare la nostra nazione tra i grandi del pianeta. Secondo Alessandro Aresu, Mattei «non accettava l'idea che un popolo sconfitto dalla guerra fosse destinato a un ruolo subordinato, incapace di scelte politiche ed economiche autonome. Non sopportava che all'Italia fosse preclusa la grande organizzazione industriale che genera potere».
Non a caso lo stesso Mattei scriveva: «noi italiani dobbiamo toglierci di dosso questo complesso di inferiorità che ci avevano insegnato, che gli italiani sono bravi letterati, bravi poeti, bravi cantanti, bravi suonatori di chitarra, brava gente, ma non hanno le capacità della grande organizzazione industriale. Ricordatevi, amici di altri Paesi: sono cose che hanno fatto credere a noi e che ora insegnano anche a voi. Tutto ciò è falso e noi ne siamo un esempio. Dovete avere fiducia in voi stessi, nelle vostre possibilità, nel vostro domani; dovete formarvelo da soli questo domani».
Tutta la sua attività è stata portata avanti promuovendo l'interesse nazionale italiano come scrive Nico Perrone, autore della biografia Enrico Mattei edita da Il Mulino: «Aveva a cuore soprattutto gli interessi del suo Paese è il riconoscimento che venne al presidente dell'Ente nazionale idrocarburi da un suo avversario, William R. Stott, vicepresidente esecutivo della Standard Oil Company of New Jersey, la maggiore società petrolifera del mondo».
Per raggiungere l'obiettivo di un'Italia forte sul piano economico e industriale, comprese la necessità di realizzare un'autonomia energetica sin dal '45-'46 intuendo che per l'Italia il motore della ricostruzione sarebbe derivato dalla possibilità di avere energia in abbondanza e a costi competitivi. Occorreva perciò ottenere quanti più fornitori possibile e, pur mantenendo il posizionamento atlantico, riuscì a stringere accordi con paesi africani, mediorientali, con la Russia e la Cina. Proprio questa capacità di muoversi al di fuori delle alleanze occidentali e oltre la cortina di ferro, lo portò a numerosi attriti con gli Stati Uniti. Per mitigare gli effetti delle sue aperture terzomondiste e mantenere un legame con l'alleato americano, venne così coniata la nuova visione del neoatlantismo in cui l'Italia assunse il ruolo di «intermediario internazionale non richiesto».
Facendo sponda con la Democrazia cristiana, Mattei riuscì non solo a impedire la messa in liquidazione dell'Agip nel primo dopoguerra ma a realizzare una strategia per la produzione di petrolio italiano attraverso le perforazioni a cominciare dalla Val Padana. L'unico modo affinché l'Italia si affermasse come potenza industriale, poteva derivare a suo giudizio dalla realizzazione di una sovranità energetica. La scoperta di un giacimento di petrolio a Cortemaggiore in Emilia, il primo in Europa, ebbe un grande impatto anche da un punto di vista mediatico e contribuì a rendere più solido il ruolo dell'Eni nell'immaginario degli italiani, complice la celebre benzina Supercortemaggiore.
Un attivismo che non poteva essere giudicato positivamente dalle «Sette sorelle», le compagnie petrolifere americane, inglesi e anglo-olandesi unite in un cartello che controllava oltre il 90% delle riserve petrolifere al di fuori degli Stati Uniti da cui Mattei cercò di affrancarsi concependo l'Ente nazionale idrocarburi non come una semplice azienda ma come parte di un insieme più ampio sinergico al sistema paese.
Per lui l'Eni doveva essere un tassello fondamentale nella politica estera italiana: «noi crediamo nell'avvenire del nostro Paese; abbiamo fede nelle sue possibilità di miglioramento, nelle sue capacità di sviluppo e di progresso; sentiamo il dovere di lavorare, in tutta la misura delle nostre forze, per costruire giorno per giorno l'edificio della libertà e della giustizia in cui vogliamo vivere in pace e che soprattutto vogliamo preparare per le nuove generazioni».
Mattei immaginò l'Eni come una grande realtà energetica a sostegno dell'interesse nazionale italiano; per raggiungere questo obiettivo creò l'Agi, agenzia stampa di proprietà dell'azienda e fondò il quotidiano Il Giorno, due strumenti a servizio della rete internazionale che aveva saputo tessere. Tutta la sua attività è stata animata dalla volontà di superare quel «complesso di inferiorità nazionale» che troppo spesso ha rappresentato un tratto antropologico degli italiani precludendo al nostro Paese, specie in politica estera, spazi poi occupati da altri.
Secondo Francesco Cossiga «Mattei è l'ultimo italiano che tenta la sfida di rifare gli italiani», mentre Leonardo Giordano nel libro Enrico Mattei. Costruire la sovranità energetica: dal gattino impaurito al cane a sei zampe ricorda come Mattei si sia «inventato qualcosa che in Italia non abbiamo, la politica energetica». Una politica energetica che si è interrotta quel tragico 27 ottobre 1962 a Bascapè ma che oggi dobbiamo riscoprire e di cui non possiamo più fare a meno non solo ricordando ma attualizzando la lezione del padre dell'Eni. Al contrario, negli ultimi anni ci si è allontanati dai suoi insegnamenti illudendosi di poter dipendere solo dall'estero per la produzione di energia, dismettendo l'estrazione nazionale di gas e affidandoci eccessivamente a un unico fornitore, un errore che Mattei non avrebbe mai compiuto.
Oltre che un visionario, Mattei è stato un patriota e l'emblema di una storia italiana di successo; nato ad Acqualagna, un piccolo paese marchigiano, pur avendo raggiunto i vertici dello Stato, non ha mai dimenticato le sue origini come ebbe a dire poco prima della sua morte: «sono
semplicemente un uomo che, di fronte alle necessità in cui si è venuta a trovare l'Italia, ha fatto tutto quello che era possibile per raggiungere gli attuali traguardi». La sua è stata prima di tutto una grande storia italiana.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.