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La "Settimana enigmistica". Un tempo fuori dal tempo

È il più conservatore dei periodici. La sua forza è l'immobilità: la Storia si limita a sfiorarla

La "Settimana enigmistica". Un tempo fuori dal tempo

Da tanto tempo, precisamente da quando lessi quel libro strepitoso che è Letture facoltative di Wislawa Szymborska, desidero dedicarmi a recensire non libri film o spettacoli ma cose non culturali, come potrebbe essere un detersivo, un pollo arrosto o un biglietto per il teatro (il biglietto però, non lo spettacolo). Non perché io voglia misurarmi con l'inarrivabile poetessa polacca, ma perché penso, anzi ne sono certo, che tantissime cose interessanti vadano perse tra le maglie di una comunicazione meno capillare di quanto sembri.

Del resto, esistono realtà non culturali, o tutto è cultura? E soprattutto, chi se ne frega?

Vorrei cominciare dalla Settimana Enigmistica, che in un modo o nell'altro frequento da sessant'anni. Dal 1932, tutti i mercoledì (poi i giovedì) accanto a quotidiani sempre più affaticati la Settimana fa la sua comparsa sui banconi dei giornalai.

La Settimana è il periodico più conservatore che esista, da quando ero bambino a oggi i suoi punti di forza non sono cambiati, sempre collocati nelle stesse pagine, sempre allo stesso punto della pagina. Quando apri la Settimana puoi stare certo che troverai gli «incroci obbligati» (il gioco supremo) con tutti i suoi spin-off, le «parole crociate senza schema», la «ricerca di parole crociate», «il bersaglio», «forse non tutti sanno che», «se voi foste il giudice» eccetera sempre allo stesso posto, il posto giusto. Una specie di miracolo. Sarebbe come tornare, da vecchi, alla scuola elementare frequentata da bambini e ritrovarvi ancora il vecchio maestro, uguale a un tempo, intento a insegnare.

Fondato da un Grand'Ufficiale, dottore, ingegnere e soprattutto conte, il cav. Sisini, questo strepitoso periodico deve la sua forza all'immobilità. Naturalmente, la storia scorre anche qui, ma sempre sottotraccia: cinquant'anni fa le definizioni relative all'opera lirica erano molto più numerose, mentre adesso ce n'è di così arzigogolate da richiedere una visitina su internet. Si potrebbe osservare anche un certo calo nella precisione linguistica, ma pazienza. È poca cosa.

Un altro piccolo, ma significativo cambiamento: gli ispettori e i detective degli enigmi polizieschi illustrati (un altro must) sono infallibili, e a me, sarò franco, manca l'Ispettore Malcivede, eroe di tanti anni fa, con la sua maldestraggine poco politically correct ma più vicina alla realtà. Il ricatto dei nostri tempi, così suscettibili, ahimé non poteva mancare. Ma altre cose ci consolano: da sempre ad esempio i gicheri qui si chiamano ari, Bartezzaghi padre ha lasciato comunque un figlio, i poeti dicono «ito» e non andato (sarà poi vero?), e il violinista è sempre e solo Uto Ughi. Per Salvatore Accardo è damnatio memoriae.

Le vignette sono da sempre improntate alla vita anglosassone, con mariti ubriaconi, mogli che fanno bruciare l'arrosto o distruggono l'automobile, divani sfondati, aumenti di stipendio negati, grafici aziendali al ribasso, pugili suonati. Loretta e Severino toccano la purezza dell'epos classico. Immancabili, poi, «le ultime parole famose»: solo il Giudizio Universale (ma forse nemmeno quello) potrà spostarle da pagina 43 in basso a destra.

La Settimana ci offre una misura del tempo differente da tutto il resto della realtà che ci circonda. Lo dice bene Paolo Conte nella sua canzone Sotto le stelle del Jazz quando ci ricorda che il tempo non è fatto solo di attimi, ma anche di settimane enigmistiche. Una distinzione magistrale. Il tempo può infatti rallentare fin quasi ad arrestarsi nel momento in cui la nostra mente smette di rincorrere le ore, apre una porta ed esce all'aria aperta, nei prati, tra le galline, e si permette, mentre tutto corre, di sostare davanti a un enigma logico, a una prova di memoria, o al semplice piacere di sapere qualcosa, come ricorda una delle rubriche storiche della Settimana. Esisterebbero la scienza, la filosofia, forse anche la musica se all'uomo fosse negata questa possibilità?

Un breve racconto dell'umorista polacco Slawomir Mroek parla di un omino che passa tutti gli anni della Seconda guerra mondiale rinchiuso in una stanzetta, intento a risolvere un difficilissimo cruciverba. Tutt'intorno è morte e distruzione, ma lui non se ne accorge. Solo dopo la fine della guerra l'omino, ignaro di quanto è accaduto, esce felice dalla sua reclusione e annuncia al mondo la soluzione dell'enigma. Che sgomento, il Tempo!

Per questo La settimana enigmistica esiste e resiste, a dispetto degli infiniti (un tempo quantificati in 205) tentativi di imitazione. Perché un posto in cui la Susi non invecchia deve pur esistere. Perché è bene ricordare il nome della vecchia moneta rumena.

Perché le domande difficili e le domande trabocchetto non si fanno più a scuola (ci sta che arrivi in classe papà con l'avvocato) e invece ne abbiamo ancora bisogno. Un grande matematico francese dice che la facilità è il diavolo. Un giorno, spero lassù e non laggiù, cercherò il cav. Sisini e gli chiederò se è d'accordo.

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