Cultura e Spettacoli

Soderbergh lascia il grande schermo per il piccolo

da Cannes

Girato per il canale Hbo, una pay-Tv statunitense, Behind the Candelabra inaugura a Cannes l'ingresso del piccolo schermo dentro quello grande e contemporaneamente segna l'addio di Steven Soderbergh (nella foto) da quest'ultimo. Intervistato dal Financial Times, il regista di Sesso, bugie e videotapes, Traffic, Ocean's Eleven, lega questa sua scelta a quello che, secondo lui, è il nuovo corso del cinema in quanto tale: l'evasione e non la riflessione, la semplicità e non la complessità. È cominciato tutto, ha aggiunto, all'indomani dell'attacco alle Twin Towers di inizio secolo, e da allora il fenomeno non ha fatto altro che consolidarsi. Non è un caso, sostiene, che nello stesso arco di tempo sia stata proprio la televisione a produrre invece serial (Mad Men, i Sopranos, Braking Bad) con alla base storie più complesse, più ambigue, più simili alla vita. C'è stato, insomma, una sorta di passaggio di consegne e lui non ha fatto altro che prenderne atto e agire di conseguenza. «È come quando uno impreca contro la meteorologia. Che senso ha lamentarsi se il tempo non è quello che vorresti»? Meglio guardarsi intorno e cercare di capire come ripararsi dal sole o dalla pioggia...
Di Hollywood Soderbergh era stato finora una sorta di gallina dalle uova d'oro: thriller, storie sentimentali, film-cassetta, biografie politiche, non c'è genere che non lo abbia visto esercitarsi e i pochi flop (le quattro ore del suo Che Guevara) sono stati di gran lunga compensati dai suoi successi. L'ultimo, Magic Mike, sul mondo degli spogliarellisti, ha incassato 114 milioni di dollari rispetto ai sette spesi per produrlo. Anche questo spiega perché le star più famose amino lavorare con lui: George Clooney lo ha fatto sei volte, Matt Damon sette, Behind the Candelabra incluso. Michael Douglas, che in quest'ultimo film fa la parte del geniale e contorto Liberace, è solo a quota due, ma la prima volta, con Traffic, contribuì a fargli vincere l'Oscar.
Come progetto, Behind the Candelabra risale proprio ad allora, tredici anni fa. Douglas aveva fatto a tempo a conoscere di persona Liberace (morto nel 1987) e l'idea di poterlo interpretare l'aveva incuriosito e insieme affascinato. «Ancora cinque anni fa, trovare i soldi per farlo sarebbe stato possibile» è il racconto di Soderbergh, «ma oggi no, per Hollywood è un problema: è troppo gay, è troppo rischioso... Bisogna essere stupidi per non accorgersi che è un segnale. Un tempo fare questo lavoro era divertente, ora non lo è più».
L'addio al grande schermo non significa però l'addio alla regia. Soderbergh sta pensando a un musical su Cleopatra, a un altro film per la televisione (The Sot-Weed Factor, tratto da un romanzo umoristico americano), nonché alla sua passione per la pittura... Ci sono tanti modi, dice, di narrare e di trasmettere emozioni, non solo il cinema. Behind the Candelabra racconta la vita di Vladrin - Valentino Liberace, musicista di origini polacco-italiane che giunse a essere l'artista con il più alto cachet al mondo. Aveva un Roll-Royce color oro, vestiva come un lampadario arabo, suonava pianoforti intarsiati, era omosessuale, ma fingeva di essere etero, convinse il suo giovane amante a farsi la plastica facciale perché fosse il suo perfetto clone. Thorson era il suo nome. Attualmente è in carcere e ha un tumore.

Liberace, ha detto, gli ha costruito e insieme distrutto la vita.

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