Michele Santoro di nuovo in Rai? Ma ve l’immaginate? Ancora con i suoi predicozzi, gli operai in piazza, i collegamenti con Ruotolo, le liti con i vari direttori generali, la rivendicazione della libertà d’informazione, l’immolarsi sull’altare del vero e unico giornalismo. Lo scenario, che potrebbe far accapponare la pelle a più di un lettore, non è poi così peregrino. Lo sappiamo, già state pensando: ci avete da poco svelato che l’anchorman sta per firmare un contratto per mandare in onda il suo programma su La7 e ora ci venite a dire che, invece, potrebbe tornare in Rai? Vero, ma le vicende della tv di Stato degli ultimi giorni hanno aperto scenari molto differenti rispetto a quelli che vigevano fino all’inizio di giugno. E, comunque, le due cose potrebbero avverarsi in tempi diversi. Se la coppia Tarantola-Gubitosi otterrà la designazione a presidente e direttore generale, molti giochi interni all’azienda cambieranno e potrebbe veramente aprirsi la strada per un ritorno di Santoro a Raidue, la rete che sta per affogare, che ha urgente bisogno di un innesto di ascolti e che non è mai riuscita a sostituire il giornalista al giovedì sera. I dirigenti di viale Mazzini, quelli che potrebbero conquistare o riconquistare potere con il nuovo corso, ne discutono da giorni. Già un primo passo per riportare a casa pezzi di Rai di manifesta ispirazione a sinistra (che negli ultimi anni i vertici espressi dal centrodestra avevano accompagnato fuori dalla porta o ridimensionato) si è visto l’altra sera alla convention Sipra per la presentazione dei palinsesti autunnali: l’incoronazione di Fabio Fazio come punta di diamante della prossima stagione con un programma in prima serata insieme a Saviano e la conduzione del Festival di Sanremo.
Ora si riapre il capitolo Santoro: lui sta alla finestra a guardare. Da una parte ha già messo a punto il contratto con La7: in staffetta con Formigli che andrà in onda in autunno, lui arriverebbe all’inizio del 2013, periodo perfetto per fare il botto dato che saremo in campagna elettorale. Però non lo firma. Aspetta le schiarite in Rai. Chissà mai che quest’estate non lo chiamino sul serio. Se non accadesse, per il momento potrebbe firmare con La7 e poi, chissà, tra un anno, tornare a parlare con viale Mazzini. Tanto, ormai, il giornalista è editore di se stesso: con la sua società di produzione, la «Zero Studios», realizza e vende programmi «chiavi in mano» a chi gli garantisce totale autonomia. Che siano trasmissioni di approfondimento come quelle a cui ci ha abituato o i documentari che sogna di realizzare da anni. Dunque, non tornerebbe da dipendente, ma da produttore-conduttore. Ci si chiederà: ma come è possibile che la Rai si rimetta nelle condizioni di abdicare al controllo editoriale su un programma? Si sa, a viale Mazzini sono dei maestri a mettersi nei guai. Tra l’altro, qualsiasi schieramento si formi nel nuovo consiglio di amministrazione, nei poteri del nuovo direttore generale rientrerà anche la competenza sui contratti esterni fino a 10 milioni di euro, dunque potrà trattare direttamente con Santoro senza passare in Cda dove gli esponenti vicini al Pdl farebbero di tutto per bloccare la manovra.
Se questo scenario diventasse una realtà, si assisterebbe a un triplo salto mortale: Santoro, cacciato dalla Rai, andato in onda in concorrenza con Formigli (che gli ha dato filo da torcere) per un anno su una piattaforma alternativa, tornerebbe a sfidare il delfino cresciuto alla sua corte da Raidue. Per La7 sarebbe una disastro: l’operazione di accaparrarseli entrambi è volta a scongiurare che si facciano concorrenza e garantirsi alti ascolti nel campo dell’informazione. Così si ricomincerebbe tutto da capo...
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