Lui non cambia, evolve. E la sua musica con lui. Martedì prossimo uscirà il suo nuovo cd La teoria dei colori, canzoni importantissime dopo il mostruoso successo di Mondo e del greatest hits che limpacchettava. Cesare Cremonini ha appena compiuto 32 anni e viaggia sul binario parallelo che mescola cantautorato italiano e rock inglese, mica solo brit pop. «I Queen? - dice parlando di quella passione che ha anche tatuata sul suo avambraccio sinistro con il volto di Freddie Mercury - forse con Adam Lambert hanno scelto una voce troppo da musical, troppo lineare». Forse per questo in questo disco lui è assai eclettico e, se la conclusiva Il sole è una delle sue migliori canzoni di sempre, da I love you allUomo che viaggia fra le stelle riesce a disegnare il ghirigoro perfetto del suo animo hic et nunc, qui e ora. Gioia. Malinconia. Rimpianto. Insomma lamore. E insomma lidentikit di un trentenne modello, uno di quelli cui «nessuno regala niente». Più attuale di così.
Adesso, Cremonini, vorrà dire che non è un privilegiato?
«No, per carità. Mi riferisco al disco. Ogni mio disco è un cruciverba che ho nella testa. Per comporre le canzoni, mi guardo dentro e guardarsi dentro non fa mica sempre piacere: è sofferenza, spesso».
Però il primo singolo (tra laltro il più trasmesso dalle radio) si intitola Il comico (sai che risate).
«È una figura centrale della nostra società: è ovunque, anche nelle tavolate di amici».
Anche Beppe Grillo era (è) un comico.
«Vedremo come si evolverà dal punto di vista politico. Adesso è troppo presto per dirlo».
Tempo fa disse che il brano più importante della sua carriera era stato Figlio di un re.
«Poi mi sono accorto che Mondo è stato il cambio di scenario. Dopo mi sono accorto di essere un minimalista con tanta varietà».
Dopo Mondo ha incontrato Pupi Avati.
«Un bambino ultrasettantenne. Mi ha detto di aver avuto bisogno di rivivere in me lentusiasmo di un esordiente sul set (hanno girato il film Il grande cuore delle ragazze)».
Avati ha smesso di suonare dopo aver incontrato Lucio Dalla e il suo talento. Perché non torna a farlo con lei?
«Non mi sono mai azzardato a chiederglielo. Però ammetto che con lui basta chiacchierare per entrare in mondi nuovi».
Forse (anche) per questo ha intitolato il suo nuovo disco La teoria dei colori.
«Una carriera monocromatica annoierebbe anche me».
Allora potrebbe darsi al cinema. Non solo come attore.
«Il binomio tra musica e cinema è fondamentale. E a me piacerebbe scrivere per un film. E anche diventarne sceneggiatore».
Scusi Cremonini, torniamo al disco?
«Ha sentito che la mia voce ha timbriche più basse?».
Anche più varie.
«Lo sa che Pupi Avati chiede ai suoi attori di sussurrare sul set? Comunque queste nuove canzoni mi piacciono talmente tanto che le canterò tutte dal vivo nel mio tour che partirà in autunno».
Una roba daltri tempi.
«Difatti penso proprio che questi siano i miei anni 60».
Addirittura.
«Sono anni pioneristici, per me. Anche perché continuo a pensare che la realtà sia sempre una scoperta».
Lo sa che lei è Ferro siete tra i pochi cantautori superstiti in Italia?
«Credo che anche lui, come faccio io, scriva canzoni per reazione a quello che ci capita intorno».
Il rischio è quello di farsi tritare dai ritmi frenetici della cronaca.
«La velocità è una tendenza comunque del nostro tempo. E la velocità porta a dimenticare. Ad esempio, mi è dispiaciuto molto che ai David di Donatello nessuno abbia pensato di ricordare Lucio Dalla per le sue grandi musiche da film».
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