SPECIAL FORCES Liberate l’ostaggio

Un film francese sul senso di sacrificio dei soldati in missione, con Diane Kruger

SPECIAL FORCES Liberate l’ostaggio

In Afghanistan i talebani rapiscono Elsa Casanova (Diane Kruger), una giornalista francese corrispondente di guerra che lavora per sensibilizzare il mondo sulla situazione delle donne afgane ed è rea di avere in mano accuse al capo talebano Zaief (Raz Degan). Il governo francese decide di inviare un’unità di forze speciali a tentare di liberarla. Cosa che i sei uomini della spedizione riescono a fare; ma tutto si complica perché hanno perso i contatti con la base. Iniziano dunque una lunga estenuante fuga attraverso paesaggi mozzafiato alla ricerca di un luogo sicuro in cui seminare gli inseguitori e mettere definitivamente in salvo la donna.

Non è certo il primo film ad occuparsi della triste e attuale vicenda dei sequestri di giornalisti in terre martoriate da conflitti bellici. La peculiarità è che stavolta però non siamo di fronte ad una produzione americana, bensì francese.

Stephane Rybojad è al suo esordio alla regia di un lungometraggio per il cinema ma vanta una grande carriera di documentarista in territori ad alto rischio. Insomma, sa di cosa parla e sa rendere estremamente realistiche le azioni conoscendo da vicinissimo le tecniche e i mezzi usati dai militari.

E’ un film di guerra tecnicamente ben fatto in cui le scene d’azione sono controbilanciate da sequenze introspettive in cui vengono ben tratteggiate le psicologie dei vari personaggi.

Questi sei uomini d’onore, così diversi tra loro, eppure uniti dall’amicizia e dal senso di sacrificio, sono sapientemente caratterizzati dal regista: c'è il giovane e infallibile cecchino alla sua prima missione, c’è il veterano cinico, c’è quello divertente e dalla carica umana travolgente e così via.

Purtroppo sono molteplici le sbandate retoriche e le concessioni a stereotipi discutibili: le azioni sono sempre d’eroismo epico, i francesi hanno cuori buoni, gli altri son tutti cattivi e cose simili.

In definitiva, tanta azione, un accenno di romanticismo e molto melodramma.

La fuga in costante tensione in una terra impervia, ora desertica, ora montana, dura praticamente due terzi del film; bene che lo sappia lo

spettatore non amante del genere, oppure alla fine si troverà esausto e sfibrato non meno dei protagonisti. Per tutti gli altri, ossia per i patiti del chiasso da combattimento e delle sfide all’ultimo sopravvissuto, via libera.

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