Cultura e Spettacoli

La serie su Totti, “Speravo de morì prima”: una ventata d’aria fresca salvifica

La serie su Totti, “Speravo de morì prima”: una ventata d’aria fresca salvifica

Debutta stasera Speravo de morì prima, la serie tv incentrata sull’ex capitano della Roma, Francesco Totti. Che siate appassionati di calcio o no, le sei puntate in arrivo su Sky Atlantic (alle 21,15 le prime due), sono quel che serve per aggiustare l’umore e godersi una pausa da questi tempi grigi. Il racconto ripercorre un immaginario ancora molto fresco, temporalmente vicino eppure così lontano dalle condizioni attuali del vivere collettivo, ma lo fa con un tono scanzonato e ironico tale da costituire una vacanza dal presente.

Diretta da Luca Ribuoli, la serie vede Pietro Castellitto nei panni del protagonista e si concentra sull’ultimo anno e mezzo di carriera di Totti, vale a dire dal ritorno di Luciano Spalletti sulla panchina della Roma fino all’inevitabile e struggente addio al pallone del campione. Attraverso spassosi flashback vengono ripercorsi alcuni dei momenti più significativi nella vita di Francesco come uomo e calciatore, mentre sul suo domani incombono due avversari: il tempo (“un anno sono sette come per i cani nel nostro lavoro”) e l’allenatore.

Benché il finale sia noto fin dal principio, sono del resto trascorsi solo quattro anni dal celebre ritiro, “Speravo de morì prima” appassiona e intrattiene grazie a un registro spensierato, capace di esorcizzare con una battuta qualsiasi ostacolo o sventura vada narrando.

Il modo in cui è ricostruito l’inizio della fine di una carriera lunghissima ma fatalmente a scadenza, ha un piglio sincero che funziona, anche se forse si tratta di una autenticità più percepita che reale: è inevitabile che tutto sia stato passato al setaccio, in cerca di approvazione da parte dei diretti interessati (ad eccezione di Spalletti, ovviamente).

Realistico o artefatto che sia, il risultato è un toccasana, un intrattenimento dall’umorismo anche onirico (memorabile Cassano in versione voce della coscienza) e che, in generale, si tiene lontano dalla retorica e dall’epica fine a se stessa, ma anche dal rischio macchietta.

Fin dal titolo, che paga i diritti ad un celebre striscione, e dall’emozionante sigla d’apertura dei singoli episodi, "Speravo de morì prima" rievoca lo spirito di una tifoseria che ha incoronato Francesco Totti come ottavo re di Roma. Di un così acceso amore, però, si mostra anche il rovescio della medaglia, raffigurando il goleador come braccato, prigioniero di un’investitura, quella a catalizzatore emotivo di tre generazioni di romanità, al contempo preziosa e scomoda.

In un’epoca di volta casacca per denaro, del resto, chi scelga di restare fedele alla stessa maglia per un’intera carriera, piaccia o no, diventa portabandiera di valori che nel calcio e non solo sono ormai in via d’estinzione.

Ritratto prima come figlio (anche con immagini d'archivio), poi come marito e infine come padre di tre bambini, Totti tra le mura domestiche è un inno alla sana normalità da bravo ragazzo, semplice e guascone quanto basta. Insomma, carismatico in campo ma umanissimo fuori, con i difetti, le ansie e le paure di tutti.

Il giovane Castellitto è perfetto nel dare corpo a questo concentrato di genuinità, senza mai cadere nella mera imitazione: non mette in campo solo le movenze e gli sguardi dell'idolo giallorosso, ma lo stesso disincanto umoristico. Ha la naturalezza vincente che appartiene al Totti che tutti conosciamo, quello la cui timidezza non smorza la tempra da gladiatore, né la bontà un po’ ingenua esclude la sagacia da vero leader.

L’attore gareggia in bravura con Greta Scarano, qui nei panni di una Ilary che è compagna di viaggio intelligente, preziosa e determinata a non vivere all’ombra del marito, ma dai modi meno veraci della donna che capita di vedere in tv.

Monica Guerritore, insolitamente comica, esuberante e sanguigna, convince nel ruolo della mamma Fiorella, mentre Giorgio Colangeli, in quello del padre taciturno e riservato, commuove involontariamente: difficile dimenticare che Totti abbia perso da pochi mesi il genitore per Covid.

Quanto a Gian Marco Tognazzi, nell’interpretare Spalletti non rapisce da subito ma sulla distanza, diciamo già dal secondo episodio.

“Speravo de morì prima” ha un fascino allegro che trascende di gran lunga le trame da spogliatoio e le vicende calcistiche, perché insegna ad andare incontro alle avversità con un mezzo sorriso.

Mai come di questi tempi, mostrare come sia possibile preservare sempre e comunque una certa leggerezza interiore, può fare la differenza nella vita di tanti.

Commenti