Stoccolma mette i soldi Gli spettatori il copione E Woody fa la marchetta

Allen riceve fondi statali per un film-spot sulla città scandinava. Però non ha l'idea. E così gli svedesi gli suggeriscono il soggetto

Stoccolma mette i soldi Gli spettatori il copione E Woody fa la marchetta

Marchette all'alba degli ottanta? Perché no, se il mercato lo consente e da decenni hai il nome in cartellone. Così Woody Allen, nell'età in cui i coetanei si godono la pensione, lavora senza sosta, sfornando più o meno un film all'anno. Non un film qualsiasi, nell'ultimo decennio, bensì una cartolina formato schermo cinematografico: il cineturismo globalizzato rende e il Chaplin dei nostri giorni pare garanzia di qualità. Soprattutto se il brand da vendere in America e altrove è di marca europea, dunque raffinata, cerebrale, mentalmente sexy. E chi se ne importa se la crisi ha sconciato la capitale d'Italia: To Rome with Love, l'anno scorso, ha fatto lievitare il turismo romano, con una rappresentazione irrealistica d'una città pizza, pizzardone&mandolino.
Prendi i soldi e scappa in giro per Londra (Match Point), o tra le guglie del Gaudì (Vicky Cristina Barcelona) e nella Parigi anni Venti (Midnight in Paris e 155 milioni di dollari al box-office globale): c'è sempre un potere locale che paga i bei quadretti del Vecchio Continente. Con soldi pubblici, privati, o misti: alla produttrice Letty Aronson, sorella di Woody, va bene tutto. Adesso tocca alla Film Commission di Stoccolma sganciare 12 milioni di corone, alias 14 milioni di euro, ossia 20 milioni di dollari, in un mix di fondi pubblici e privati, per l'erigendo film del regista newyorchese, da ambientarsi nella città adagiata su 14 isole e di recente messa a ferro e fuoco da violenti disordini sociali. Tutt'altro che placida, la civile Stoccolma. Chissenefrega, dice Woody, che rumina una storia «in a serious way» (così sul suo sito ufficiale), conoscendo poco la città. «Ci sono stato molte volte, ma non la conosco così bene da accettare finanziamenti a occhi chiusi. Vorrei girare un film di cui gli abitanti della città possano essere fieri», adula lui, che il 26 manda nelle sale Usa Blue Jasmin, con Cate Blanchett e Alec Baldwin, commedia tra la Grande Mela e San Francisco, dove i quattrini vorticano sulla West Coast. Ma il mercato e i critici Usa storcono facilmente il naso e una location svedese serve. Cercasi storia disperatamente, però. Il quotidiano Aftonbladet ha indetto un concorso per i lettori: chi proporrà il miglior plot per Allen, che mantiene la moglie Sun-Yi, l'ex-moglie Mia Farrow e i loro figli adottivi, più uno naturale, vince due biglietti per il 49esimo film dell'infaticabile vecchietto. Intanto, i lettori del quotidiano svedese The Local postano commenti eloquenti. «Perché un film? Non sarebbe meglio un documentario sulle malefatte dei nostri amministratori,soprattutto in campo sanitario?», chiede Kolingen. Al quale fa eco Trollus Netticus: «Che ne dite d'un film in cui gli immigrati del Terzo Mondo si ribellano e prendono la città a suon di coltelli?». Questa l'atmosfera che circola sul Baltico, tanto che Annette Mattsson, responsabile della Stokholm Film Commission spiega: «Sappiamo che Allen ritiene la città adatta per ospitare un set e che è da tempo in attesa di qualcuno che si faccia avanti con un finanziamento. Poi, ci sono validi scrittori, in Svezia, dai quali si potrebbe trarre una storia che funzioni». Intanto, il castelletto finanziario è in piedi e una sceneggiatura si troverà: non si vive di sola Lisbeth Salander, l'eroina di Uomini che odiano le donne.

E lui, che fa cinema di location e, nel 1982, prese in giro Bergman con Commedia sexy in una notte di mezza estate, rifacendo il verso a Sorrisi d'una notte d'estate (1955) del maestro svedese?
«Negli istituti psichiatrici, ai malati danno cestini da intrecciare. Per me i film sono la stessa cosa: una specie di terapia». Solo che i matti non rastrellano soldi per l'Europa, con la scusa di lavorare.

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