Gian Paolo Serino
In Italia un nuovo trend vede le librerie invase da raccolte di quelle che in America chiamano short story. E proprio gli Usa vantano una grande tradizione del racconto, basti pensare ai classici Carver e Cheever. È stato proprio il racconto, per stessa ammissione dell'autore, a «salvare» il romanziere Charles Baxter dal deporre la penna. Da pochi giorni è uscito il suo Vorrei che tu facessi una cosa per me (Mattioli 1885, pagg. 202, euro 14,90, traduzione e curatela di Nicola Manuppelli): una raccolta che è già un caso editoriale perché Baxter, come ha sottolineato Joyce Carol Oates, scrive storie perfettamente rifinite, nel solco tracciato da John Updike e William Trevor: «racconti morali che non contengono nessun moralismo». Dieci storie che ricordano molto da vicino I racconti dell'Ohio di Sherwood Anderson perché i protagonisti vivono ai confini, labili, tra finzione e realtà. Amato da Jennifer Egan, James Crumley e Dave Eggers, Baxter in dieci storie ci ricorda i nostri vizi se non capitali, esistenziali: il tutto sotto la lente di un'ironia che considera «una nuova forma di castità».
Autentico riconosciuto maestro della short story è Sam Shepard, nelle librerie con la raccolta di inediti Diario di lavorazione (Playground, pagg. 306, euro 18, traduzione di Sara Antonelli) e con Motel Chronicles (Il Saggiatore, pagg. 202, euro 19, traduzione Delfina Vezzoli). Nel Diario troviamo racconti brevi, a volte brevissimi, quasi telegrammi dell'esistenza, ambientati in una America oggi che i propri colori li trova ormai tra i canali televisivi o tra gli emarginati, tra chi è capace di trasformare la recita del quotidiano in un copione senza battute. Racconti commoventi e al contempo dissacranti: come istantanee di una realtà statunitense la cui middle-class sembra sommersa dalla cenere dei propri sogni infranti. Non a caso Shepard, premio Pulitzer, è stato sceneggiatore del Zabriskie Point di Michelangelo Antonioni e ha collaborato con Robert Altman, che ha tratto da una sue pièce teatrale il film Follia d'amore). A Motel Chronicles, invece, si è ispirato Wim Wenders per girare Paris, Texas: sono racconti on the road attraverso l'America più desolata, quella delle strade deserte, dei motel di terz'ordine, dei paesi più sperduti con la loro (dis)umanità rurale, lontana «chilometri d'asfalto» dalle metropoli.
Metropoli che, invece, sono protagoniste di molti racconti di Rebecca Lee, da poco in libreria con Lince rossa e altre storie (Edizioni Clichy, pagg. 240, euro 15, traduzione di Sara Reggiani): da Chicago a Hong Kong a Toronto un viaggio attraverso le vite metropolitane di personaggi eruditi. Rappresentanti dell'upper class - studenti universitari, ingegneri, avvocati, scienziati - tutti accomunati nel cercare una svolta per la propria vita. Rebecca Lee raggiunge altissime vette di scrittura erudita che non toglie il piacere della lettura.
Per chi ama le sorprese, ecco un insolito Dashiell Hammett: il padre dell'investigatore Sam Spade, tra i personaggi più amati del giallo americano, rivive in diciassette racconti inediti (e tre sceneggiature) in On the Way (Mondadori, pagg. 330, euro 22, traduzione di Sergio Altieri e G.L. Staffilano).
Scritti per lo più negli anni '20, ma tutt'altro che datati, rivelano un Hammett lontano dagli stereotipi polizieschi: uno scrittore capace di affascinare anche con storie ironiche e spesso incredibilmente romantiche.Twitter @GianPaoloSerino
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