Intanto è stata una festa come da De Gregori non te l'aspetteresti. Arena di Verona tutta esaurita. Clima sereno. Tanti ospiti e molti imprevedibili. Ad esempio chi avrebbe mai detto che un giorno Checco Zalone avrebbe suonato (peraltro bene) il pianoforte storpiando le canzoni durante un concerto del Principe, il cantautore più solitario, forse a tratti il più scontroso? Nessuno. E invece è successo l'altra sera al «compleanno» di Rimmel , ai quarant'anni di uno dischi più importanti della canzone d'autore italiana e, diciamola tutta, anche uno dei più belli. «Non è un totem da adorare» ha minimizzato a modo suo De Gregori, spiegando perché in tutta la parata di ospiti nessuno ha eseguito i brani pari pari, ossia identici all'originale. Da Fedez a Elisa a Malika Ayane ad Ambrogio Sparagna fino ai folk rockettari L'Orage e a un imprevedibile e totalmente all'altezza del ruolo Fausto Leali, tutti hanno scelto un brano del disco festeggiato o un altro del repertorio del più malinconico e visionario dei nostri cantautori. E se Giuliano Sangiorgi dei Negramaro è stato coraggioso (e ripagato dagli applausi) cantando il poco noto Guarda che non sono io (da Sulla strada del 2012), Caparezza s'è preso, e ha fatto decollare, L'agnello di Dio per poi tornare sul palco con la sua Vieni a ballare in Puglia . Poi Ligabue, sempre timido quando non è il padrone della scena, ha prima duettato nella propria Il muro del suono («Un brano che sembra scritto da me», ha detto De Gregori) e poi ha dato un'ottima versione, sempre in duetto, di Alice. «Il mio terrore era ripetere lo schema Festivalbar perciò ho voluto che ciascuno si accostasse alle mie canzoni con la propria sensibilità», ha sostanzialmente detto il cantautore, che comunque ha portato a casa la partita segnando forse il gol che era più importante. Il suo repertorio, si sa, è pressoché sacro per una generazione o più. Ma all'Arena di Verona lo ha rinnovato, lo ha, se possibile, depoliticizzato, e ha messo in evidenza un dato che spesso si sottovaluta: lui è un signor cantante, una voce piena, sempre potente, zeppa di riflessi che l'età e le Gitanes senza filtro hanno tinto di ambra. «Dopotutto ho 64 anni, Rimmel 40, non voglio mettermi in competizione con nessuno», ha confessato dopo il concerto nel camerino dell'Arena. Non lo ha fatto neppure con Fausto Leali che arriva da un'altra galassia vocale: «Abbiamo cantato A Chi e sarei stato scemo se avessi fatto la gara con lui, ho soltanto voluto creare una alchimia».
Insomma da Checco Zalone che canta La donna cannone imitando la voce di Vasco, di Ramazzotti, di Carmen Consoli e persino di Al Bano fino a Fedez che rappa un testo nuovo in Viva l'Italia («È riuscito a entrare in quella canzone che è stata scritta tanto tempo fa ma è ancora attuale ed è riuscito a rivelarsi uno degli interpreti più esaltanti della serata»), De Gregori ha celebrato non solo i 40 anni di un disco importante (del quale è stato dato in omaggio a tutti il singolo in vinile ristampato per l'occasione) ma anche una fase che nessuno avrebbe potuto immaginarsi. La condivisione. Certo, a qualche tifoso talebano questo pastiche , per citare De Gregori, sarà andato per traverso, vista l'aura di sacralità talvolta ideologica che avvolge il Principe. Ma siamo nel 2015, un'epoca è passata e forse è morta e sepolta. O si riparte oppure si finisce nella nicchia del museo delle cere. «Mi piacerebbe fare una cosa del genere in tv, ma non trasmetteremo questo evento» ha confermato.
E quando tutti gli ospiti sono saliti sul palco per cantare Fiorellino è stato come se una fase si fosse chiusa a doppia mandata e ora, alla vigilia del suo disco di cover di Bob Dylan, anche lui affronta il futuro senza più pagar pegno al passato. Libero, insomma.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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