Gli attori sono bravi e credibili, il paesaggio è filmato con maestria, la ricostruzione dei luoghi eccellente, eppure On the road di Walter Salles, forse il film in concorso più atteso, di certo il più pubblicizzato (mai vista una copertura di comunicati stampa, interviste, reportage dal set così massiccia) è una delusione. Ciò che gli manca è, semplicemente, lemozione. Tanto sulla pagina la storia raccontata da Kerouac era unepopea, tanto sullo schermo è una noia: il solito sballo, la solita droga, leterna questione della giovinezza che non si rassegna a invecchiare. Garrett Hedlund è il Dean Moriarty del romanzo e quindi del film, Neal Cassidy nella realtà della Beat Generation. Sam Riley è Sal Paradise, alias lo stesso Kerouac, Tom Sturridge è Carlo Marx, ovvero Allan Ginsberg, Viggo Mortensen è Old Bull Lee, nella vita William S. Burroughs. Completano il cast, Kirsten Dunst, Camille, ovvero una delle mogli di Neal Cassady, e Kristen Stewart, Marylou, la LuAnne Henderson compagna di viaggio e di letto dei due principali viaggiatori della storia, figure marginali eppure essenziali nel suo svolgersi. Marie-Ginette Guay è la madre di Kerouac, vedova, che ha già perduto un figlio, e con la quale lallora aspirante scrittore ha un rapporto di dipendenza e insieme di rifiuto da cui non riuscirà mai a separarsi.
È di Burroughs losservazione che è un po la chiave di On the road (romanzo e film), quando dice a Sal-Jack che in fondo Dan-Neal non è lemblema della libertà, ma poco più di un disadattato sociale e un dissociato mentale. Burroughs sa di cosa parla, lui che è un pazzo vero, uno che negli abissi della disintegrazione psichica ci è sceso veramente, e però ha sempre saputo come uscirne (non a caso avrà una longevità stupefacente).
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