La cucina futurista, fra libri unici, tavolate-show e saggi critici, è un lungo banchetto che si prolunga - sempre festoso, ogni volta originale - da quasi un secolo, fin dalle origini del movimento. In particolare da quando, anno marinettiano 1931, fu apparecchiato il celebre Manifesto che abolisce forchetta&coltello e incoraggia l'abbinamento fra piatti, musiche, poesie e profumi... È tutto così delizioso, che si ha sempre appetito. E infatti, ecco una nuova mostra sul Futurismo Culinario, allestita da Andrea Tomasetig nella magnifica casa-museo Boschi Di Stefano a Milano (fino al 13 maggio), a cavallo fra Milano Food City e la prima edizione di Milano Graphic Art.
Grafica e cibo. A Milano. Capitale del futurismo. Accomodatevi a tavola... Nelle stanze déco di casa Boschi Di Stefano (una meraviglia, coi suoi Sironi, Savinio, Fontana...) si servono due portate parallele. Da una parte, in onore alla grafica, alcune edizioni speciali a tema gastro-letterario dell'editore Alberto Casiraghy (sorprendenti libretti della Pulcinoelefante con testi di Manganelli, Merini, Arturo Schwarz e disegni d'artista). Dall'altra, in onore alla cucina, alcuni «piatti» rari e curiosi del menù di carta futurista: la prima edizione dell'Incendiario (1910) di Palazzeschi, che nella lunga introduzione di Marinetti contiene l'antefatto triestino della lunga storia dei rapporti tra gastronomia e avanguardia (il gran pranzo futurista servito a rovescio, partendo dal caffè e finendo col vermouth); alcuni articoli usciti sulla rivista La Cucina Italiana sulla polemica «contro la pastasciutta», che all'epoca suscitò scandalo e discussioni; L'Almanacco cucinario del '39 con copertina illustrata da Lucio Venna; un rarissimo invito con «catalogo delle vivande» del pranzo futurista milanese del '33 (Plastica Mangiabile). E poi una vera scoperta: tre fotografie originali della Taverna del Santopalato, il ristorante inaugurato a Torino nel 1931 (dove si svolse la prima cena futurista). Il locale era decorato dall'aeropittore Luigi Colombo e arredato dall'architetto bulgaro Nicolay Diulgheroff. Ed ecco un piccolo inedito della mostra: una foto della Taverna porta sul retro, in italiano stentato, una lunga nota dello stesso Diulgheroff: Santopalato ...
resta come nome famoso in tutto il mondo, per la vivace polemica mondiale scopiata dopo il lanciamento del manifesto e specialmente dopo la pratica dimostrazione che ha dato Santopalato al pubblico ed ai giornalisti: l'eco è stato vastissimo, più di duemila articoli in tutte le lingue comentarono l'avenimento. Niente da dire. I futuristi furono veri maestri. In cucina. E nella comunicazione.
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