Fermateli, per favore, giusto un attimo per vederli in faccia. Nel periodo più ballerino del'anno, i deejay girano sempre come trottole, ovvio. Solo che adesso lo fanno sul jet privato. Ad esempio l'olandese Tiësto, che ha vocazioni megalomani, s'è persino fatto dipingere il suo nome sulla fusoliera. Altro che Lady Gaga: i veri divi sono loro, e non soltanto perché spesso intascano cachet stile Ronaldinho (con David Guetta si arriva a mezzo milione di dollari a sera). O perché fanno ballare platee enormi nei posti più «cool», più di tendenza come il Pacha sull'Avinguda del Vuit d'Agost di Ibiza o il Berghain di Berlino, che rimane aperto dal venerdì sera fino al lunedì mattina e vieta l'ingresso delle telecamere per «non inibire nessuno». Da lì è passato anche, figurarsi, il deejay più coccolato del momento, Deadmau5, coccolato se non altro perché ha un look che non t'aspetti: durante gli show indossa la cosiddetta «Mau5head», una maschera gigante con due orecchie da topo rosse oppure blu. In fondo il nome d'arte di Joel Thomas Zimmermann, trentunenne di Toronto, nerd fino all'osso, deriva da quel dead mouse, da quel «topo morto» che trovò nel 2005 all'interno del proprio computer. Da adolescente era un brufoloso asociale. Adesso, come ricorda Rolling Stone Usa nel megaservizio che gli ha appena dedicato, viaggia con il proprio jet «che puzza ancora di nuovo», si permette di rifiutare quasi duecentocinquantamila dollari per mezza giornata di lavoro e dire di no a Madonna e Rihanna che pietivano una collaborazione. D'altronde è persino diventato protagonista di videogame e, come ha detto il proprietario del lussuoso Encore Resort di Las Vegas dove ha appena suonato, «viene pagato ogni sera più di Frank Sinatra al massimo della gloria». Alla console arriva con una batteria di sintetizzatori e picchia duro con campionamenti e loop per quattro o cinque ore. Magari non duro come Skrillex, altro ex nerd stavolta americano, che ha collaborato anche con i micidiali Korn e ha appena incassato tre Grammy Awards. Però non lascia respirare chi è in pista.
Unza Unza.
Una volta il deejay delle discoteche era quello con le cuffie in testa e due giradischi davanti. Adesso è un ingegnere che seziona il suono, mescola parti di batteria prese qui con linee di basso prese là, aumenta o diminuisce i bpm, ossia i «beat per minute» ossia la velocità del ritmo, et voilà: sforna musica nuova che oggi fa da traino al pop, mica viceversa. Guetta ha collaborato con tutti, Black Eyed Peas compresi. Bob Sinclar, altro nome top, è diventato una multinazionale girando persino uno spot per l'Alfa Romeo. Danny Tenaglia, che ha lavorato pure con Michael Jackson, pretende un vetro protettivo di fronte al palco per impedire le foto del pubblico. E Dave Clarke non si mette le cuffie se non ci sono cinque chili di banane di fianco al mixer. Mica l'unico ad aver pazze idee: Erik Morillo, di casa al Pacha, non si muove se non c'è un Suv bianco ad aspettarlo. Qualcuno, specialmente dopo che un video pirata ha mostrato Steve Angello del trio Swedish House Mafia spaparanzato a bere e fumare mentre il suo «show» era nel pieno, sospetta che i deejay siano come i Milli Vanilli, il duo che, dopo aver venduto trenta milioni di copie, confessò di non aver usato la propria voce nei dischi: in poche parole, i dj sarebbero «milionari pagati per pigiare un bottone». «Non dico di no: dico solo che io ne pigio molti di più» ha scherzato Deadmou5. E in effetti la EDM, la electronic dance music, è frutto di un garbuglio di sensibilità e tecnologia che letteralmente porta alla nascita di strutture sonore spesso inaudite, cioè mai ascoltate prima, che scatenano il pubblico. Madonna è stata la prima superstar ad accorgersene e difatti anche in questo tour si porta spesso sul palco l'italiano Benny Benassi, uno che, anche se suona da solo, viene accolto come un divo ovunque, dalla California alla Nuova Zelanda (e si è visto anche un mese fa agli Mtv Days di Torino).
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