Cultura e Spettacoli

Tripletta italiana a Cannes. E zombie, comici, guerra...

Bruni Tedeschi e Martone saranno in concorso, Marco Bellocchio porterà "Esterno notte" a Premiere

Tripletta italiana a Cannes. E zombie, comici, guerra...

Cannes alleva i suoi talenti. Li tiene stretti come una chioccia. E promette futuro. È una madre premurosa che non dimentica i figli e ogni edizione del Festival ha qualcosa dei precedenti. Quest'anno i ritorni sulla Croisette sono massicci. Rieccoci al periodo canonico di maggio - dal 17 al 28 - dopo la rassegna di luglio scorso al primo affaccio post pandemia. Si comincia con Michel Hazanavicius e il suo Z (comme Z), che di connessioni con il passato ne ha varie.

Proprio qui il regista presentò The Artist che poi vinse Oscar e premi ovunque. E proprio qui, nell'ultimo anno pre-Covid erano arrivati gli zombie di Jim Jarmusch che ora tornano in questo film d'inaugurazione. La vicenda si svolge sul set di un B-movie sui morti viventi finché «autentiche» creature, redivive dall'Aldilà, invadono il sorpreso cast. Passaggio fuori concorso come le altre due chicche già annunciate nei giorni scorsi - Top Gun: Maverick con Tom Cruise, atteso in riviera, e Elvis, il biopic su Presley con Tom Hanks diretto da Baz Luhrmann - cui si aggiunge Mascarade, un poliziesco di Nicolas Bedos che un anno fa aveva firmato l'opera di chiusura dell'Agente speciale 117 Jean Dujardin.

Tre le presenze italiane, di cui due rientri e una novità. Se Valeria Bruni Tedeschi sarà in gara con il suo ruolo ambivalente di italiana di Francia che può valere ben più di una semplice credenziale e presenterà Les amandiers, poco originale sguardo alla gioventù anni Ottanta tra gioie e dolori di un'estate di vita, Marco Bellocchio - premiato nel 2021 con la Palma d'onore - sarà in passerella a Cannes Premiere con la nuova fiction, Esterno notte, prodotta da Rai Cinema e seguito ideale di quel Buongiorno notte in cui aveva iniziato a studiare il caso Moro, stavolta interpretato da Fabrizio Gifuni. La novità è rappresentata da Mario Martone, in concorso con Nostalgia, ispirato a un romanzo di Ermanno Rea e ambientato a Napoli nel rione Sanità con Pierfrancesco Favino protagonista e, pure lui, reduce di Cannes dove era già stato il Buscetta bellocchiano del Traditore nel 2019.

Altri ritorni coniugano i nomi dei fratelli Dardenne (Tori et Lokita) che in passato vinsero con Rosetta nel 1999 e L'età giovane vent'anni dopo, nel 2019, Kore-Eda Hirokazu con il road movie Broker già vincitore nel 2018 con Un affare di famiglia dopo molti gettoni di presenza negli anni precedenti, Ruben Östlund (Triangle of sadness) che vinse la Palma nel 2017 con il discusso The Square dopo avervi presentato l'anno prima il catastrofista Forza maggiore, il rumeno Cristian Mungiu (RMN) Palma d'oro 2007 con 4 mesi, 3 settimane, 2 giorni, Lukas Dhont esordiente di successo nel 2018 con Girl, allora incluso nella prestigiosa sezione «Un Certain Regard».

Alla sfida tra campioni della Palma si aggiunge il sorprendente Hi-Han di Jerzy Skolimowski sulla storia di un asino, Tchaikovsky's Wife - primo piano sulla moglie del compositore - firmato dal transfuga russo Kirill Serebrennikov che ha inviato sue opere nelle scorse edizioni, disertate dietro il diktat del Cremlino. La sua fuga in Germania, dove oggi vive, gli consentirà di «esordire» sulla Croisette, che ospiterà anche Crimes of the future di David Cronenberg, Frère et soeur di Arnaud Desplechin, altro alfiere di Thierry Fremaux e Pierre Lescure, direttore e presidente del Festival. Quest'ultimo al passaggio conclusivo prima di lasciare il timone a Iris Knobloch.

Resta da svelare chi sarà il presidente di giuria, ultima tessera di un mosaico ormai completo. Pare che toccherà a una donna da scegliere fra la «casalinga» Marion Cotillard e la cosmopolita Penelope Cruz. In entrambi i casi difficile fare peggio di un anno fa quando Spike Lee riuscì a premiare uno dei film più brutti di sempre, Titane. Bocconcino finale la presenza di Ethan Coen con Jerry Lee Lewis: Trouble in Mind sul comico americano e l'ucraino Sergei Loznitsa (The Natural History of Destruction).

Tanto per sottolineare da che parte stia il Festival nella guerra di Putin.

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