Anche luoghi apparentemente incontaminati come la Lapponia possono essere soggetti a crimini terribili e diventare luoghi perfetti per ambientare un noir... Noir che nel loro impianto narrativo inseriscano tutto il fascino delle terre del Nord ma che sappiano anche raccontare tutti gli incubi che scaturiscono in quei luoghi. Furti di renne, scontri a fuoco fra allevatori e cacciatori, guerre territoriali fra le multinazionali petrolifere e la popolazione indigena, conflitti razziali fra chi appartiene e chi non appartiene alla comunità Sami...
Lo scrittore francese Olivier Truc su questi crimini ha costruito tre romanzi che ci raccontano il territorio lappone e i suoi misteri: L'ultimo lappone (2013), Lo stretto del lupo (2015) e ora La Montagna rossa (tutti editi in Italia da Marsilio): una trilogia in noir davvero speciale. Abbiamo incontrato Olivier Truc di passaggio in Italia per il festival «NebbiaGialla».
Come ha costruito la sua serie, molto originale?
«Per molti anni ho svolto il ruolo di corrispondente francese dai Paesi nordici e baltici, così mi sono trovato a scrivere diverse storie sulla Lapponia, alcune delle quali proprio legate al popolo Sami di cui parlo nei miei romanzi. Sono stato spesso sorpreso dal fatto che la maggior parte dei miei amici svedesi a Stoccolma non sapesse quasi nulla della Lapponia e di come realmente vivesse la gente lassù. Mi ha stupito il divario tra il modo in cui i Paesi nordici e i loro abitanti si descrivevano all'estero come dei veri e propri campioni dei diritti umani e delle minoranze e il loro atteggiamento nei confronti di una minoranza come il popolo Sami, che è invece discriminata in quei luoghi».
Che tipo di crimini ha scoperto sono più frequenti in Lapponia?
«Mi sono concentrato sui crimini legati all'allevamento delle renne, perché non mi ritenevo un vero e proprio studioso della criminalità nell'Alto Nord. Posso dirvi che quando si tratta di allevamenti di renne i crimini cambiano a seconda della stagione. In inverno si sviluppano sul territorio soprattutto dei conflitti tra i pastori di renne. In autunno, invece, aumentano i veri e propri furti di renne da parte di persone di etnia Sami e non-Sami. In primavera poi crescono i conflitti territoriali tra pastori di renne e contadini».
Che rapporti hanno i Sami con il resto del mondo che li circonda?
«Il popolo Sami non è unito come quello italiano o quello francese... Solo il 10% della popolazione Sami lavora con le renne. Per loro, questo significa avere molti conflitti perché l'allevamento delle renne è osteggiato da molte industrie che hanno altri interessi sul territorio lappone. Parlo di società che si occupano di estrazione mineraria, energia idroelettrica, parchi eolici, turismo. I Sami hanno molte difficoltà a far riconoscere e rispettare i loro diritti. Il restante 90% della popolazione della loro etnia non ha contatti con l'allevamento del bestiame e la loro relazione positiva o negativa con il resto del mondo dipende da come questi Sami affrontano la loro identità. Alcuni l'accettano, altri vorrebbero rifiutarla e spererebbero di essere totalmente assimilati alla nuova identità politica e sociale del loro Paese. Bisogna ricordare anche che le abitudini dei Sami che allevano renne sono cambiate radicalmente a partire dal 1960, quando è stato introdotto nel loro lavoro quotidiano lo scooter da neve: da allora, i Sami non sono più un popolo nomade, si sono trasformati in una popolazione sedentaria, anche se si muovono ancora verso i pascoli e su e giù per i terreni di svernamento».
Leggendo La Montagna rossa i lettori si accorgeranno dell'attenzione speciale che ha usato nel raccontare la presenza o l'assenza di luce.
«Volevo innanzitutto dare ai lettori un'idea reale della durata dei giorni e delle notti in Lapponia. La Montagna rossa è ambientato in autunno e la lunghezza del giorno è più vicina a quella che conosciamo nell'Europa meridionale. Ma il resto dell'anno ha un rapporto diverso con la luce. La presenza o l'assenza di essa nei miei romanzi ha l'effetto di certi tipi di musica ripetitiva: dà ritmo alla lettura e ne chiarisce la scansione temporale. Nei territori settentrionali, la luce ha un suo carattere specifico e influenza molto le persone. Puoi diventare molto stanco o arrabbiato a seconda della troppa o della troppo poca luce».
Ma esiste davvero un dipartimento di Polizia come quello della P9 descritto nei suoi romanzi?
«Sì, la polizia delle renne esiste davvero, ma solo in Norvegia. Nei miei libri è diventata una sorta di polizia transfrontaliera che lavora anche in Svezia e Finlandia. Forse succederà che un giorno un tale tipo di polizia esista veramente perché i Paesi nordici sono abituati da sempre a cooperare fra di loro».
Spesso lei tocca il tema dell'inquinamento...
«La Lapponia è un Paese molto ricco e pieno di risorse. Molte multinazionali cercano di sviluppare la propria attività proprio nelle aree di pascolo di questo territorio. L'inquinamento distrugge la terra e rende impossibile il pascolo. I Sami, che sono pastori di renne, prestano molta attenzione alla preservazione delle renne poiché rappresentano il loro sostentamento. Cercano di difendere l'ecosistema da cui dipende la loro sopravvivenza».
Nel romanzo racconta che la Svezia ebbe rapporti con l'eugenetica simili a quelli della Germania nazista. È davvero così?
«Assolutamente. La Svezia è stata in prima linea sull'eugenetica.
Herman Lundborg era molto coinvolto nell'ideologia dell'igiene razziale e nel 1922 creò il primo Istituto statale di biologia razziale al mondo a Uppsala. Il lavoro dell'Istituto fu usato per far passare diverse leggi che portarono a migliaia di sterilizzazioni forzate».
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