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Morti violente, sangue e diamanti: i segreti della corona della regina Elisabetta

Gli aneddoti, i misteri e la leggenda nera di uno dei gioielli più famosi della regina Elisabetta, la Corona imperiale di Stato

Morti violente, sangue e diamanti: i segreti della corona della regina Elisabetta

È impossibile immaginare un re o una regina senza corona. Forse possiamo chiudere un occhio sullo scettro, ma sulla corona mai. In essa noi identifichiamo il potere e lo vediamo sfolgorare e diffondersi attraverso le sue pietre. Pensiamo a uno dei monarchi più famosi al mondo, la regina Elisabetta. Senza i suoi diademi e soprattutto senza la Corona imperiale diventerebbe di nuovo Lilibet, la principessa in attesa del trono. Naturalmente non è la corona a fare un re (del resto l’abito non fa il monaco), ma è un oggetto che per secoli gli uomini hanno caricato di significato.

La Corona imperiale, simbolo di potere

Indossare una corona è il sogno di molte bambine, di altrettante ragazze e anche di tante donne un po’ più mature. Il motivo è molto semplice. Questo oggetto così prezioso è simbolo di prestigio, di rispetto, di fama, ma spesso possiede anche un incalcolabile valore e una grande bellezza. Tutte queste caratteristiche tendono a fondersi tra di loro. Qualcosa di immensamente bello seduce e la seduzione è una forma di controllo, di potere dunque. Affascinare significa avere ascendente sulle persone che ci circondano e sulle situazioni che viviamo. A moltissimi piacerebbe esercitare questa forma di dominio sugli altri e sul mondo intero. La corona è anche emblema di ambizione, ma porta su di sé il peso delle vite precedenti che hanno avuto la fortuna (o la sfortuna, dipende dai punti di vista) di portarla.

Il potere, infatti, è un “peso” non indifferente per un uomo solo. Quando una regina o un re posano sul loro capo una corona stanno indossando il passato di chi li ha preceduti, si stanno ammantando della storia del loro casato e della loro nazione, dei successi e dei fallimenti degli altri sovrani. Tutto ciò che è stato e che sarà ricade su di loro, sulla loro testa, ovvero sulla mente che dovrà prendere le future decisioni. Forse è per questo che le corone pesano tanto.

Lo sa bene la regina Elisabetta. Durante l’ultimo discorso per l’apertura del Parlamento la sovrana ha rotto la tradizione, decidendo di non portare una delle corone più importanti della Storia britannica, la Corona di Stato imperiale. Troppo pesante per i suoi fragili 94 anni. Del resto parliamo di un gioiello da 1,3 kg circa, che provocò non pochi problemi alla sovrana perfino nel giorno della sua incoronazione, il 2 giugno 1953. La Corona imperiale della regina Elisabetta fa parte dei celebri “gioielli della Corona” (non rientrano nella collezione privata della sovrana, ma sono di proprietà della monarchia) e si indossa durante la cerimonia di apertura del Parlamento, come abbiamo accennato e alla fine di ogni incoronazione, a proclamazione avvenuta.

Infatti quando un re o una regina varcano la soglia di Westminster per essere ufficialmente incoronati hanno sulla testa un'altra corona, quella di Sant'Edoardo, usata per questo tipo di eventi dal 1661 (si tratterebbe della corona più pesante della collezione regale, con i suoi 2,23 kg). Solo una volta terminata la cerimonia il nuovo monarca può uscire dall'Abbazia e farsi vedere dal popolo con la Corona imperiale, emblema stesso dell'incoronazione. Parliamo, infatti, di un gioiello che può essere sfoggiato da chi è già stato nominato sovrano davanti a Dio, non da chi ancora deve diventarlo (anche se mancano poche ore all’incoronazione). Durante il documentario “The Coronation” la regina Elisabetta rivelò i timori che l’accompagnarono durante la cerimonia, soffermandosi proprio sulla Corona imperiale, a proposito della quale disse: “Non si può guardare in basso per leggere il discorso, bisogna tenere il foglio in alto. Perché se guardi in basso ti si rompe il collo e la corona cade” .

La regina Elisabetta dovette letteralmente “imparare” a portare questo diadema, allenandosi a tenerlo sulla testa per alcune ore al giorno, in modo da abituarsi alla sua scomodità. La Corona imperiale è magnificenza allo stato puro, composta da 2868 diamanti, 273 perle, 17 zaffiri, 11 smeraldi e 5 rubini. Una prima versione venne creata per l’incoronazione della regina Vittoria, nel 1838, ma sfortunatamente nel 1845, durante la cerimonia di apertura del Parlamento, cadde dal cuscino che la sosteneva e andò in frantumi. Immaginiamo la delusione dei presenti. Annotando l’episodio sul suo diario, la regina Vittoria scrisse: “Era tutta rotta e schiacciata come un budino spiaccicato”.

Il Cullinan II e la leggenda nera del diamante Koh-i-Noor

Nel 1937 la corona venne ricostruita dal gioielliere Garrard & Co. per l’incoronazione del padre della regina Elisabetta, Giorgio VI. Stavolta, però, il monile venne alleggerito notevolmente. Infatti la versione precedente della corona, ovvero quella che si era rotta in mille pezzi, era stata usata non solo dalla regina Vittoria, ma anche dal re Edoardo VII. Solo che entrambi i sovrani l’avevano giudicata difficile da portare, troppo pesante, un ingombro insomma. Non solo. Per l'incoronazione della regina Elisabetta nel 1953 il gioiello venne ulteriormente adattato al suo capo regale, benché durante il già citato documentario"The Coronation" la stessa Elisabetta II abbia puntualizzato il fatto che non esistano grandi differenze tra la forma della sua testa e quella di suo padre.

Incastonato sulla nuova Corona imperiale troviamo anche uno dei diamanti più celebri al mondo, il Cullinan II. Qui, però, siamo di fronte a un equivoco spesso riportato da molti giornali internazionali e italiani. Il Cullinan, infatti, viene confuso con un'altra gemma tra le più famose e misteriose della Storia, il Koh-i-Noor, ovvero la “Montagna di luce” in persiano. Entrambe le pietre sono incastonate nei gioielli più preziosi e simbolici della monarchia inglese, come spiega la Royal Collection Trust, ma si tratta di diamanti diversi, con due storie altrettanto differenti e affascinanti.

Andiamo con ordine. Il diamante Cullinan (conosciuto anche come Stella d'Africa) si chiama così in onore della città africana in cui venne scoperto il 26 gennaio 1905. Un luogo che dista circa 40 km da Pretoria, nella colonia del Transvaal. La stessa cittadina ha ereditato il nome da Thomas Cullinan, il proprietario della miniera in cui venne trovata la gemma. La cosa interessante, invece, era un'altra: questa pietra risultò il più grande diamante grezzo mai donato dalle viscere della Terra all'uomo con 3.106,75 carati, circa 10 cm di lunghezza, 6,35 di larghezza e 5,9 di spessore. Visto che i rapporti diplomatici tra la colonia e il Regno Unito non erano ancora ben consolidati, gli scopritori dell'enorme Cullinan pensarono di ingraziarsi il re Edoardo VII offrendogli la pietra. Il sovrano accettò.

Il diamante venne poi affidato ai fratelli olandesi Asscher, i quali si occuparono del taglio ad Amsterdam, dove aveva sede la loro ditta. Una vera e propria "operazione chirurgica" su una gemma, un intervento delicatissimo con cui gli olandesi potevano giocarsi la carriera. Per fortuna il taglio fu eseguito alla perfezione, dando vita a 9 diamanti più grandi e ad altri 96 di piccole dimensioni. Tra le pietre più appariscenti troviamo proprio il Cullinan II, da 317 carati circa, che fa bella mostra di sé sulla Corona di Stato imperiale dell'attuale sovrana. Invece il Cullinan I, da 530 carati circa, è oggi incastonato nello scettro di Sant'Edoardo. Elisabetta II sfoggia anche, in un unico pendente, i Cullinan III e VI. Quest'ultimo venne regalato da Edoardo VII alla moglie Alessandra di Danimarca.

Diversa è stata la sorte e la collocazione del Koh-i-Noor. Anche la storia di questa gemma di 105, 6 carati e dal valore incalcolabile si lega in maniera indissolubile con la storia della monarchia britannica. Secondo la leggenda il Koh-i- Noor sarebbe gravato da una terribile maledizione che insanguina le vite di tutti coloro che la possiedono. In realtà, naturalmente, il diamante non c’entra nulla. Più che altro è la cupidigia degli uomini a sfociare nella violenza o delle semplici coincidenze che mutano il corso del destino. Come raccontano William Darlymple e Anita Anand nel loro libro “Koh-i-Noor”, la gemma comparve per la prima volta nella Storia in Persia. Siamo nel XIII secolo. Sembra sia stata estratta nell’antica città di Golconda, nell’India meridionale, vicino a Hyderabad. Uno dei primi a possederla, come bottino di guerra, fu il sovrano moghul Babur. Nel 1526 questi sconfisse il Sultano di Delhi Ibrahim Lodi e si prese tutto ciò che gli apparteneva, diamante compreso. Dopo la conquista il figlio di Babur, Humayun, si ammalò al punto che nessun medico riusciva a lenire le sue sofferenze.

I consiglieri di Babur sostennero che il re avrebbe dovuto liberarsi del Koh-i-Noor per salvare suo figlio. Il sovrano, però, non era per nulla intenzionato a dare via il suo diamante e offrì la sua vita in cambio di quella di Humayun. Sempre secondo la leggenda quest’ultimo si ristabilì, proprio mentre suo padre esalava l’ultimo respiro. Anche Humayun non ebbe grande fortuna. Fu costretto alla fuga in Persia, ma riconquistò il trono grazie all’aiuto del re persiano Shah Tahmasp. Per ringraziarlo Humayun gli regalò il Koh-i-Noor. Una volta tornato in India, il re cadde dalle scale della biblioteca e morì. Il diamante venne donato a Shah Jahan (il sovrano che fece costruire il Taj Mahal) e, così, tornò in India. La leggenda narra che Shah Jahan fu spodestato e fatto arrestare dal figlio Aurangzeb. Rimase in prigione fino al giorno della sua morte.

Il Koh-i-Noor tra i gioielli della regina Vittoria

Nel 1739 la pietra cadde nelle mani del re persiano Nadir Shah il quale, sempre stando alla tradizione leggendaria, divenne un pazzo tiranno e morì assassinato nel sonno nel 1747. Nell’Ottocento ritroviamo il Koh-i-Noor tra i gioielli dei re sikh del Punjab. Questa regione, insieme al resto dell’India, venne annessa all’impero britannico nel 1849, grazie al Trattato di Lahore. Questa annessione fu possibile solo dopo la morte del re sikh Ranjit Singh. Suo figlio, un bambino di appena dieci anni, tentò di ingraziarsi gli inglesi donando proprio il Koh-i-Noor. Fu così che la pietra arrivò alla regina Vittoria. L’ultima tappa di questa strana storia fu un lungo viaggio per mare dall’Asia all’Africa. Un tragitto costellato di insidie, tra cui tempeste e un’epidemia di colera. Infine la pietra giunse a Londra nel 1850.

Il Koh-i-Noor divenne il simbolo dell’imperialismo britannico, delle morti violente, delle guerre, del potere e della conquista. Oggi si trova sulla corona che Elizabeth Bowes Lyon, la Regina Madre, indossò nel giorno dell'incoronazione del marito Giorgio VI. A quanto pare l'attuale sovrana non avrebbe mai indossato questo monile, tramandatosi di generazione in generazione tra le regine consorti. C'è la possibilità che in futuro siano Camilla Parker Bowles o Kate Middleton a sfoggiarlo. Del resto la superstizione vuole che il diamante sia di buon auspicio per le donne che lo indossano, ma non per gli uomini, "condannati" a rovina, sofferenza e morte. Pensate che la Regina Madre amava a tal punto il Koh-i-Noor da scegliere di portarlo proprio in occasione dell'incoronazione della figlia, Elisabetta II.

Inoltre quando Elizabeth Bowes Lyon morì, nel 2002, la Corona con il celebre diamante incastonato venne venne posata sul suo feretro, dove rimase per tutta la durata della cerimonia funebre. Eppure all’inizio della sua storia il Koh-i-Noor non figurava affatto tra le gemme preferite di sultani e re, i quali apprezzavano molto di più i rubini. Oggi il diamante è persino oggetto di contesa. In passato l’India ne ha chiesto la restituzione, ma molto probabilmente l’ipotesi che la gemma torni in Asia rimarrà solo una chimera.

Il Koh-i-Noor, come pure il Cullinan, ormai ci raccontano la loro storia brillando su nuove corone, quella dell'indimenticata Regina Madre e la nuova Corona imperiale che svetta sul capo della regina Elisabetta.

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