A Ubs il mutuo costa 7 miliardi Gli gnomi svizzeri vanno in rosso

Nel portafoglio «subprime» svalutazioni record. Il gruppo chiede aiuto ai fondi sovrani

da Milano

Il virus dei muti subprime infetta con sempre maggiore virulenza la svizzera Ubs. Mentre i principali istituti di credito americani apportano gli ultimi ritocchi al maxi-fondo di salvataggio voluto dal Tesoro, il gruppo svizzero, che è il maggiore per asset in Europa, ha messo mano per la terza volta ai conti, «cancellando» 10 miliardi di dollari dai propri investimenti in subprime. La maxi svalutazione (circa 6,8 miliardi di euro) costringerà i soci, chiamati in assemblea straordinaria a metà febbraio, a rinunciare al dividendo e ad accontentarsi di ricevere azioni.
Stretta dal pericolo di chiudere in rosso non solo il quarto trimestre ma l’intero esercizio in corso, Ubs, che a ottobre aveva denunciato le prime perdite dopo cinque anni, ha inoltre chiesto soccorso alla compagine dei fondi sovrani. Tra i pochi investitori a disporre di grandi disponibilità malgrado la crisi immobiliare Usa. Incamminandosi su una strada simile a quella che ha portato gli emiri di Abu Dhabi al 5% di Citigroup in cambio di un investimento da 7,5 miliardi di dollari, il presidente Marcel Ospel ha infatti deciso di tamponare il patrimonio del gruppo elvetico emettendo bond convertibili. Questi titoli saranno sottoscritti dal fondo sovrano di Singapore e, con ogni probabilità, dal governo dell’Oman: una volta che il cerchio sarà chiuso Ubs otterrà 11,5 miliardi di dollari di mezzi freschi. Questo denaro permetterà a Ubs di diventare una delle banche meglio patrimonializzate in Europa, senza contare i 4,4 miliardi di franchi svizzeri risparmiati con il mancato dividendo.
Forse anche per questo gli operatori hanno sostenuto il gruppo (più 1,40% a 58 franchi svizzeri il titolo in chiusura) malgrado la casa di analisi Fitch abbia abbassato la propria pagella sul titolo e la pulizia di bilancio sia peggiore di ogni previsione. La speranza è che Ubs stia uscendo dal tunnel così come Société Générale che ieri è corsa in aiuto del proprio veicolo di investimento nel credito strutturato (in gergo Siv) acquistando 3,4 miliardi di dollari di attività.

Standard & Poor’s aveva lanciato l’allarme già la scorsa settimana e anche in questo caso si tratta di un salvataggio in extremis simile a quello già avviato da altri colossi europei come Hsbc e Rabobank. Il tutto non si è però riflesso sulle quotazioni della seconda banca d’Oltralpe: più 1,15% il titolo a Parigi.

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