Il film del weekend

"Unsane": psycothriller d'autore girato con l'iPhone

Combinando intrattenimento e sperimentazione visiva, Soderbergh confeziona un incubo dall'atmosfera claustrofobica che, però, finisce col deragliare in un horror di serie B.

"Unsane": psycothriller d'autore girato con l'iPhone

Presentato fuori concorso al Festival di Berlino 2018, "Unsane" segna il ritorno di Steven Soderbergh dopo il recente "Logan Lucky" ed è il primo thriller psicologico di questo maestro del cinema.
Il film è per il regista una sorta di dichiarazione d'indipendenza produttiva: costato intorno al milione di dollari, è stato girato in due settimane in un ospedale psichiatrico abbandonato e con il solo ausilio di un I-Phone.
La trama ruota attorno a Sawyer Valentini (la bravissima Claire Foy), una giovane donna in carriera che ha da poco lasciato Boston in cerca di una nuova vita. Quando si rende conto di continuare ad avvertire la presenza dello stalker da cui è fuggita, tale David Strine (Joshua Leonard), prende appuntamento presso un istituto che offra assistenza psicoterapeutica. Alla fine del colloquio con la dottoressa, Sawyer scopre di aver inconsapevolmente firmato il suo consenso a rimanere internata per una settimana. Ogni tentativo di uscire dalla struttura è vano e la situazione peggiora ulteriormente quando la donna si convince che tra gli infermieri, sotto falso nome, ci sia proprio chi la perseguitava nella vecchia città. E' davvero lui o è un delirio della mente?
Soderbergh gioca con il mezzo cinematografico firmando anche, sotto pseudonimo, la fotografia e il montaggio. Aver girato l'intera opera con uno smartphone non è un mero esercizio di stile ma una scelta funzionale: la mancanza di nitidezza visiva regala un effetto straniante, coerente con quanto provato dalla protagonista. Da spettatori siamo immersi, con immediatezza, in una percezione alterata della realtà.
Se la cornice richiama il celebre "Qualcuno volò sul nido del cuculo", la situazione raccontata è più vicina a quella di Ingrid Bergman in "Angoscia", vecchio film in cui un uomo tenta di far credere alla moglie di essere pazza.
Per oltre un'ora, infatti, non è chiaro se quanto visto da Sawyer sia un pericolo autentico o frutto della paranoia. Questa prima parte ha diversi punti di forza: lo sperimentalismo estetico, l’ambientazione claustrofobica, l'indagine nell'inconscio di una persona che ha subito violenza psicologica, la tensione gestita al meglio.
Oltre a toccare la questione, assai attuale, delle molestie persecutorie, Soderbergh polemizza con l'inquietante business dell'assistenza medica e critica certi istituti privati che, con raggiri amministrativi e maniere coercitive, trattengono in osservazione i pazienti dotati d'assicurazione sanitaria.
E' un vero peccato che, a un terzo dalla fine, il registro cambi completamente e ci si trovi catapultati in un film diverso, un B-movie a tinte horror. Finché al centro della scena c'è il terrore di sentirsi impotenti, ostaggio della burocrazia e vittime d'istituzioni corrotte o malfunzionanti, "Unsane" costituisce un viaggio ipnotico. Nel momento in cui ogni ambiguità viene meno, emergono sia i limiti tecnici sia diversi buchi di sceneggiatura.


Il film regala intrattenimento d'autore, toccando paure ataviche e temi dei nostri giorni, ma convince solo finché tiene in vita il gioco del "nulla è come sembra".

Commenti