Cultura e Spettacoli

La "Venere nera" verso il Panthéon

Fra il 1941 e il '44 la cantante aiutò moltissimo la resistenza anti-nazista

La "Venere nera" verso il Panthéon: petizione per Joséphine Baker "immortale di Francia"

Parigi. «Aux grands hommes la patrie reconnaissante», recita l'iscrizione dorata incisa sul frontone del Panthéon di Parigi. E sotto la cupola del mausoleo dove riposano le figure che hanno segnato la storia nazionale francese, potrebbe presto trovare dimora un'altra grande donna dopo la pantheonizzazione di Simone Weil nel 2018: Joséphine Baker, cantante, ballerina, attivista dei diritti civili e paladina delle libertà di origini afroamericane che durante la Seconda guerra mondiale divenne una spia anti-nazista per amore della Francia. È questo l'obiettivo della petizione «Osez Joséphine» lanciata da uno dei figli della «Venera nera», Brian Baker, far entrare sua madre nel monumento che conserva i resti mortali di Voltaire e Rousseau, di Jean Monnet e Marie Curie, per omaggiare e rendere eterno il suo impegno nella Resistenza.

La data dell'8 maggio non è stata scelta a caso. Oggi, infatti, ricorre il 76º anniversario della fine della Seconda guerra mondiale, conflitto che Joséphine Baker, statunitense naturalizzata francese nel 1937, combatté da spia, raccogliendo informazioni sulle posizioni e gli spostamenti dell'esercito tedesco in Francia. Arruolatasi nei servizi segreti della France Libre attraverso il capo del controspionaggio militare a Parigi Jacques Abtey, spesso Joséphine utilizzava gli spartiti delle sue canzoni per trasmettere i messaggi a Londra, dove Charles de Gaulle organizzava la Resistenza. Quando si presentava alla dogana, non era mai preoccupata. Perché i poliziotti di frontiera non le chiedevano i documenti: volevano un autografo dalla ballerina «dalle gambe paradisiache, gli occhi di ebano e il sorriso dove tutti gli altri sorrisi vanno a morire», come disse Picasso. I rapporti e le foto che servivano ad aiutare la Resistenza anti-tedesca li nascondeva anche sotto il vestito. Dal 1941 al 1944, con la volontà di aiutare le truppe alleate, intraprese persino un lungo viaggio in jeep passando da Marrakech al Cairo, da Beirut a Damasco, per raccogliere tutte le informazioni possibili dagli ufficiali che incontrava. Le sue azioni sono state premiate nel 1945 con il grado di luogotenente dell'Armée de l'air, con la medaille de la Résistance e soprattutto con la Legion d'onore, ricevuta dalle mani di De Gaulle. Ora il figlio Brian si augura che arrivi anche un altro riconoscimento, ancor più prestigioso.

Secondo il Figaro, la petizione verrà indirizzata ad alcuni esponenti politici francesi e agli studenti di diverse scuole intitolate a Joséphine Baker. Il 3 giugno, centoquindicesimo anniversario della sua nascita a Saint-Louis, nel Missouri, le firme e i video raccolti attraverso la petizione saranno presentati ai presidenti dell'Assemblea nazionale e del Senato, poi verranno spediti a Emmanuel Macron con la speranza di convincerlo. Cinque anni fa ci aveva già provato lo scrittore Régis Debray, a persuadere l'allora presidente François Hollande della bontà dell'iniziativa. Hollande si era detto d'accordo a parole: ma non seguirono i fatti. Per convincere il suo successore dell'importanza di questo gesto simbolico - sarebbe la prima artista della storia a varcare la soglia del Panthéon - Brian Baker punterà, oltre che sull'impegno durante la Resistenza, sugli ultimi venticinque anni della vita della madre, passati a lottare per i diritti delle donne e contro le discriminazioni razziali.

Nel 1963 Joséphine Baker fu l'unica donna a tenere un discorso alla marcia su Washington per il lavoro e la libertà organizzata da Martin Luther King.

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