da Toronto
«Parlare di Charles Dickens è e sarà sempre attuale. Nessuno in Inghilterra prima di lui aveva dato voce alle classi sociali più povere, almeno non con la sua forza narrativa. Fu un uomo coraggioso tanto nella scrittura quanto nella vita privata. E questa sua coerenza non poteva che affascinarmi». Ralph Fiennes torna dietro la macchina da presa a distanza di due anni dallo shakespeariano Coriolano e lo fa raccontando la storia d'amore extraconiugale tra lo scrittore inglese ed una giovane attrice della sua compagnia teatrale, Nelly Ternand. È lei la The Invisible Woman del titolo, è per lei che l'autore de Il circolo Pickwick e di tanti altri straordinari romanzi decise di uscire allo scoperto per non farsi travolgere dal gossip e di chiedere ufficialmente il divorzio dalla moglie Catherine. Il film uscirà il prossimo febbraio in Inghilterra, mentre ancora non è stata definita la distribuzione italiana. Per Ralph Fiennes è stata «una grande sfida» come racconta lui stesso in occasione della presentazione del film al Festival di Toronto.
La stampa dell'epoca fu severa con la vita privata di Charles Dickens così come lo sarebbe oggi?
«No, all'epoca c'era più rispetto, almeno a livello mediatico. La società poteva chiacchierare di nascosto, far girare il pettegolezzo, ma molto raramente i giornali pubblicavano notizie sulla vita privata delle persone a meno che non avessero una rilevanza sociale. Parlarono del divorzio solo quando divenne ufficiale, non prima. Oggigiorno ci sono giornali e trasmissioni televisive che vivono solo per portare alla luce aspetti della vita privata di personaggi pubblici. Non c'è nessun limite. Si è radicata la convinzione che siccome sei famoso allora appartieni a tutti e non hai diritto a nessuna privacy».
Come mai ha scelto di raccontare la storia dal punto di vista della sua amante?
«Dickens è un personaggio così complesso che visto troppo da vicino sarebbe stato quasi impossibile da rappresentare per bene. Ma non è tutto. Volevo fare emergere la solitudine che si prova ad amare un personaggio pubblico. Lo si deve sempre condividere con qualcun altro e l'intimità è limitata a pochi, fugaci momenti. Se poi si è uno scrittore, ovvero una persona che quando sta in casa vuole anche stare per conto suo per potere così lavorare, allora si può capire quanto potesse essere difficile avere una vita normale accanto a lui».
Quando è iniziata la sua passione per lo scrittore inglese?
«Il mio primo incontro con la sua narrativa avvenne quando da piccolo ascoltavo la versione radiofonica di A Christimas Carol. Poi a scuola non fui mai costretto a leggerlo da nessun insegnante e così quando lessi Oliver Twist fu solo per mia curiosità. Da lì in poi li lessi tutti. I miei preferiti? Grandi Speranze e David Copperfield».
Possibile che in futuro lei possa dirigere un film basato su uno dei libri di Dickens?
«L'anno scorso sono stato nel cast di Grandi Speranze, ma da regista ancora non saprei. Mi piacerebbe fare qualcosa di contemporaneo, forse anche ad Hollywood se ci fosse l'idea giusta. Per il momento comunque sono concentrato nella promozione di questo film a cui tengo moltissimo. È la mia seconda regia, per la prima volta sono sia regista che attore. Difficile pensare ad un progetto più personale».
Pensa che regista che è anche attore ci sia una sensibilità diversa nel guidare anche gli altri interpreti?
«Sicuramente è più facile costruire fiducia reciproca, ma per non sbagliare mi sono fatto circondare da attrici che conosco benissimo come Kristin Scott Thomas e Michelle Fairley. Non dico che è stato come lavorare in famiglia, ma come con i vicini di casa questo sì».
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