Cultura e Spettacoli

Un viaggio su Marte che sembra vero (e western)

La fiction del National Geographic ci proietta nel 2033 alla conquista di un sogno nato oggi

Un viaggio su Marte che sembra vero (e western)

Anno 2033, l'uomo finalmente fa partire la sua prima missione con astronauti verso Marte. Una nave gigantesca, la Dedalus, alta come un palazzo di 14 piani, decolla dalla Terra e punta verso il Pianeta rosso. L'hanno preceduta moduli robotizzati che hanno costruito una sorta di piccolo villaggio (pannelli solari, un reattore, strutture di supporto) che dovrebbe fornire un supporto vitale alla prima colonia umana. Ma non tutto è così semplice. Come è capitato davvero in questi giorni alla sonda Schiaparelli, il sistema di razzi che dovrebbe consentire alla Dedalus di planare sul pianeta funziona male. Gli astronauti, a differenza dell'Esa con la Schiaparelli, riescono a metterci una pezza ma finiscono dove non dovrebbero. E la loro si trasforma in una lotta per sopravvivere.

Inizia così la serie Marte che andrà in onda, in prima tv, da stasera su National Geographic (tutti i martedì alle 20.55, canale 403 di Sky). Si tratta della più grande produzione mai affrontata dal National Geographic ed è stata affidata ad un pezzo da novanta di Hollywood come Ron Howard. La formula scelta da Howard per la narrazione di questa avventura di «frontiera» (i toni sono spesso western e fanno appello al sogno americano) è particolare.

La fiction si mischia con naturalezza a interviste a scienziati. A esempio, gli attuali tentativi di Elon Musk di creare razzi riutilizzabili proprio per raggiungere il Pianeta rosso diventano un flash back nella mente del capitano della missione. O immagini scientifiche di Marte della Nasa si fondono con grande naturalezza con gli effetti speciali. Il risultato è molto realistico. In più di un momento si ha l'impressione di star assistendo davvero alla telecronaca di una missione (lo stile narrativo ricorda molto da vicino quello scelto da The Martian di Ridley Scott).

Il ritmo della serie, quindi, non è travolgente, soprattutto nei primi episodi, però, quando inizia a carburare, lo scivolamento tra realtà e fantasia è perfetto. Dà corpo a quel nuovo spirito di scoperta spaziale che sembra essere ripartito alla grande negli Usa e non solo. Lo dice Elon Musk con naturalezza attoriale: «Possiamo scegliere se essere una specie prigioniera o una specie che si garantisce un futuro di libertà e nomadismo nel cosmo». Lo dice con un tono da pioniere in viaggio verso il West. Sembra la parte più fiction della fiction ma è quella che sta accadendo davvero.

Gli astronauti immaginari che debbono vedersela con il lato duro (a partire dall'atterraggio) della colonizzazione al contrario sembrano più realistici, soprattutto dopo Schiaparelli.

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