Prima visione

La letteratura americana si è spesso servita dello stratagemma del narratore che racconta, in prima persona, gli avvenimenti di cui è non solo osservatore ma spesso protagonista arrivando a focalizzare l’attenzione del lettore su particolari ambienti sociali e, soprattutto, sui personaggi carismatici che li popolano. È proprio questo stile da Il grande Gatsby ad animare Un perfetto gentiluomo, pellicola che dileggia gli intellettuali squattrinati e scrocconi dell’Upper West.
Giovane insegnante di letteratura presso un liceo di Princeton, Louis Ives (Paul Dano) viene scoperto, dalla preside, ad indossare un reggiseno, frutto della sua ossessione per l’intimo femminile. Allontanato dall’istituto, si ritrova a New York dove finisce per alloggiare nell’appartamento dell’eccentrico Henry Harrison (un superlativo Kevin Kline), fine intellettuale sulla sessantina con convinzioni non propriamente corrette del tipo «alle donne non dovrebbe essere permesso studiare». Henry è un reazionario per il suo modo di pensare, costretto però ad arrotondare scroccando pasti come extra-man (da cui il titolo in originale), ovvero accompagnatore di ricche e facoltose anziane signore; il che gli permette anche di frequentare l’alta società newyorkese e i suoi strampalati interpreti. Ambiente nel quale viene introdotto, a poco a poco, anche il giovane Louis, sempre più affascinato dalla figura del suo padrone di casa mentore, al punto da affiancarlo in questa particolare quanto insolita attività. Intanto, il ragazzo, che ha trovato lavoro in una casa editrice, continua il suo personale percorso alla ricerca della sua identità sessuale, tra puntate nei bar trans, travestimenti e trucchi, delusioni, amarezze e tanta solitudine.
I duetti tra i due protagonisti (imperdibile la spiegazione su come fare pipì per strada, tra due macchine, senza dare nell’occhio) sono il punto di forza di un film che, però, fatica, come il giovane protagonista, ad avere una sua identità precisa.

La pellicola punge ma non morde, spargendo interessanti spunti sull’élite decadente e grottesca dell’Upper West Side, sullo smarrimento sessuale degli intellettuali, sulla misoginia, senza avere il coraggio di una scelta netta e precisa che avrebbe alzato il gradimento. In ogni caso, è sempre un bel vedere.

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