Vivo, la perdita delle radici e l'importanza delle seconde occasioni

Vivo è il nuovo film d'animazione della Sony e di Netflix: un'avventura che dietro l'aspetto colorato ed energico nasconde nostalgie, paure e sofferenze

Vivo, la perdita delle radici e l'importanza delle seconde occasioni

Dopo lo straordinario I Mitchell contro le macchine, Netflix lancia un nuovo asso nella manica, offrendo ai suoi abbonati un nuovo film d'animazione realizzato con Sony Pictures Animation e in arrivo il prossimo 6 agosto. La storia è quella di Andrés, un vecchio musicista cubano e del suo cercoletto Vivo - un animale tipico delle foreste tropicali - legati dall'amore per la musica. Quando una tragedia si abbatte sulla loro quotidianità, Vivo dovrà viaggiare fino a Miami per portare un importante messaggio alla cantante Marta Sandoval, che proprio a Miami sta preparando il suo concerto d'addio. Aiutato dall'adolescente Gabi, che sta affrontando una difficile elaborazione del lutto, Vivo partirà alla volta di una coloratissima avventura.

Ad un primo sguardo Vivo sembra essere uno dei tanti film d'animazione pensati per intrattenere un pubblico giovane, che alle storie non richiede chissà quale complessità. La differenza rispetto a pellicole che potrebbero essere dirette rivali di Vivo è data da un elemento fondamentale: Lin Manuel Miranda. Conosciuto al grande pubblico soprattutto per il suo ruolo in Il ritorno di Mary Poppins, Lin Manuel Miranda è anche il compositore e l'ideatore dello straordinario musical Hamilton, punta di diamante del catalogo Disney+. Un artista a tutto tondo, traboccante di talento, che in Vivo non presta solamente la sua voce in qualità di doppiatore, ma tutta la sua capacità artistica. A lui si deve la storia e anche la colonna sonora, ancora più importante in una pellicola incentrata proprio sul concetto della musica come veicolo di sentimenti e crescita. E in effetti Vivo funziona come lungometraggio proprio per questa sua anima profondamente legata alla tradizione del musical, da cui eredita movenze e forma narrativa. Lo spettatore si troverà dunque facilmente avvinto in un incantesimo fatto di note e di numeri musicali che non sono mai superficiali e che al contrario conducono verso un racconto strutturato su più livelli e che affronta tematiche che non sono così scontate. Se da una parte l'animazione quasi spigolosa ma variopinta di Vivo potrebbe far erroneamente pensare di trovarsi davanti a una storia destinata solo ai bambini, bastano le poche sequenze iniziali per fugare ogni dubbio.

Il film co-diretto da Kirk DeMicco e Brand Jeffords affronta tematiche adulte e attuali: dall'importanza delle seconde possibilità al concetto di tempo come terreno fertile per inseguire i propri sogni, a dispetto dell'età anagrafica. Ma in Vivo c'è anche un sottotesto che parla di radici e del dolore che si prova quando queste vengono strappate: nella storia della cantante Marta, infatti, c'è proprio questo. Una ragazza che è costretta ad abbandonare la sua casa, i suoi amici e tutto quello che conosce perché consapevole che il suo talento non verrà riconosciuto in un paese come Cuba. Una lettura sociale che ben si sposa anche con la condizione di molti giovani italiani che sono costretti a cercare fortuna oltre i confini nazionali. Vivo è dunque una pellicola che riesce ad essere trasversale per la sua capacità di parlare a spettatori di diverse generazioni, senza che venga mai meno il livello più apertamente emozionale.

Vivo è un film in cui si piange molto, in cui è facile versare lacrime di commozione e frustrazione. Una pellicola dunque che non si accontenta di raccontare una storia, ma si sforza affinché lo spettatore possa sentirla e lasciarla scendere nelle corde più nascoste della propria coscienza.

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