Cultura e Spettacoli

Vlautin scrittore (e cantante) dei perdenti

Nuovo disco e romanzo per l'autore di chi prende a pugni la vita

Vlautin scrittore (e cantante) dei perdenti

I l suo nuovo album è uscito da alcune settimane e Willy Vlautin è stato definito dalla critica americana il miglior portavoce del country-soul, dodici canzoni dove si raccontano le storie di persone al margine della società, di gente che fa a pugni con la vita. Willy Vlautin è conosciuto, però, anche come scrittore, amatissimo da autori come Barry Gifford, Colm Toìbin, Roddy Doyle e Ursula K. Le Guin, solo per citarne alcuni, proprio per la sua capacità di scrivere un cantico dei diseredati tra le luci di un'America al neon: con molte insegne, ma poche illuminazioni e con i fari sempre puntati ovunque a esportare democrazia tanto basta per dimenticarsi della propria libertà. Ogni nuovo romanzo di Vlautin, nato a Reno in Nevada nel 1967, è un urlo in una stanza chiusa, una poesia che diventa inchiostro, cantata come nelle ballate country di un'America che non ha ancora visto l'alba per comprendere bene la notte che sta vivendo. In questo Io sarò qualcuno (tradotto in Italia da Gianluca Testani per la casa editrice Jimenez, pagg. 346, euro 18) Vlautin conferma davvero di essere il nuovo John Steinbeck, come in molti lo hanno definito dopo il romanzo d'esordio Motel Life (Fazi editore), confermato da La ballata di Charley Thompson (Mondadori) e da Verso Nord (Quarup editore). Di Steinbeck ha la stessa voce narrativa, il medesimo timbro letterario, il sentire comune per uomini ai margini ma senza cadere in un'epica romantica della sconfitta che ha fatto la fortuna di molti altri scrittori (si pensi a Fante o Woody Guthrie). Io sarò qualcuno è un dolore che si fa pagina, è la vita di un giovane metà irlandese e metà nativo d'America che come unico sogno ha quello di diventare un pugile professionista. Vagherà tra la brutalità dei ring messicani sino ai combattimenti di una squallida Las Vegas, sino a scoprire che le proprie origini non si cancellano neanche con la ricerca sfrenata del successo. Vlautin è davvero tra i pochi scrittori in grado di descrive l'America di oggi. Senza rifugiarsi nel sentimentalismo, senza cavalcare l'orrore della cronaca riesce a raccontare una storia senza tempo: quello di loosers, di perdenti che però combattono sino all'ultimo un'esistenza che sembra per loro segnata. Come scrive descrivendo il protagonista: «Horace era da solo in città e si rese conto che era peggio che essere da solo al ranch. Perché quando era da solo al ranch poteva comunque sognare la città, sognare ciò che sarebbe successo in città.

Era lui, ma in un altro posto».

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