Cultura e Spettacoli

La prima volta di Scerbanenco per lui era "Il terzo amore"

Torna il romanzo che nel 1938 segnò l'esordio in volume del futuro bestsellerista. Nato da un'esperienza personale

La prima volta di Scerbanenco per lui era "Il terzo amore"

Pochi scrittori in Italia hanno avuto la fortuna di avere le copertine dei propri romanzi disegnate da illustratori che hanno rivoluzionato con le loro rappresentazioni l'immaginario dei lettori. Uno di questi è stato sicuramente Giorgio Scerbanenco che è stato presentato al pubblico con le immagini realizzate da Giorgio Tabet, Luigi Gino Boccasile, Walter Molino, Fulvio Bianconi, Fabio Matticchio, Aldo Di Gennaro. Non è quindi casuale che La nave di Teseo abbia deciso di fare uno speciale restyling grafico delle opere di Scerbanenco affidandolo a Manuele Fior il quale, dopo aver illustrato L'isola degli idealisti, Luna di miele e Appuntamento a Trieste, si è occupato di reinventare la copertina de Il terzo amore (pagg. 270, euro 17).

La storia venne prima pubblicata a puntate su Lei e poi in volume nel 1938 nella collana dei «Romanzi di Novella». La copertina originaria mostrava una ragazza con una giacca rossa e un cappello a pallini che dondolava seduta sulla ringhiera di un pontile in riva al lago. Un'immagine solare, colorata e sbarazzina cui facevano da contraltare le illustrazioni interne realizzate da Walter Molino che mostravano nel loro bianco e grigio il dramma dei protagonisti. Manuele Fior sceglie invece di mostrare subito ai lettori l'immagine che ha scatenato la fantasia di Scerbanenco: una donna che viene incontro al lettore tenendo per mano il suo bambino. Dietro di lei scorgiamo la sagoma del Duomo di Milano, un uomo in nero la segue e un giovane appoggiato a un lampione la sta osservando. Questa è probabilmente la soggettiva che colpì Giorgio Scerbanenco. Come lui stesso racconta nell'introduzione al romanzo: «Una sera di molti mesi fa ho seguito una donna. Ero solo e sconsolato. Avevo visto quasi tutti i film che si proiettavano sugli schermi ambrosiani, ero stato già in due caffè ad annoiarmi, e passeggiavo in una via centrale di Milano, quando vidi quella donna. La seguii automaticamente. Era alta, bionda, il sole le aveva brunito il viso e le braccia. Camminava con passo agile e rapido. A quell'ora tarda, nel buio grigio delle strade milanesi, la sua figura aveva un senso di avventuroso e di proibito». La donna cammina per un po' finché, girando per una strada, lo scrittore si accorge che aveva appuntamento a quell'ora di notte con un vecchio che stava tenendo per lei il suo bambino. L'abbraccio fra mamma e bambino è per lui come uno schiaffo e quasi per scusarsi dei suoi pensieri nei confronti di quella donna, Scerbanenco decide di ipotizzare e raccontare quella che sarebbe potuta essere la sua vita.

Seguiamo così le vicende della bella e giovane Elena Varani e del piccolo Giovanni. Lo scrittore rivendica l'emozione di quella storia nata in un momento così singolare: «quando avrò cinquant'anni, forse, scriverò a freddo, senza passione, delle caldissime vicende d'amore e, allora sì, non sarò più romantico. Ma fino a quell'epoca, lo sarò e avrò tutto il diritto di chiudermi in un albergo sul lago per scrivere trecento cartelle sulla storia di una donna incontrata alle due di notte in una strada di Milano». Ed è sua figlia Cecilia Scerbanenco, la quale ha curato la riedizione de Il terzo amore, a spiegare nella prefazione al volume che questa è una storia davvero speciale: «un romanzo sociale, o pre-noir, o rosa? Non saprei, forse lo definirei realista, perché descrive nei dettagli Milano e la sua gente. Ci sono quadri indimenticabili, quasi commoventi, sulla città più povera ed equivoca, quella che vive di espedienti. I caffè dove lavorano i giocatori professionisti, le sventurate ballerinette di fila, l'esistenza grama delle commesse, i bagni pubblici, perché la maggior parte delle case non ha vasche o docce, ma solo un gabinetto in comune sul pianerottolo. E soprattutto, le strade di Milano».

Questa accurata location fa da sfondo a una storia triste e tragica che ci racconta di una donna che si lascia sedurre senza pensare alle conseguenze del suo gesto e che si troverà poi a dover gestire il piccolo Giovanni con un padre assente. Sarà l'anziano datore di lavoro di Elena a darle una chance, permettendole di avere una piccola parte a teatro. Ma può davvero una pellicciaia diventare attrice? E che mondo è quello nel quale si troverà catapultata la donna? Cecilia Scerbanenco evidenzia come suo padre descriva «spietatamente il mondo dello spettacolo: ricatti sessuali, loschi figuri e poco talento convincono Elena a tornare in laboratorio. Da qui, attraverso un matrimonio di convenienza, cominceranno il riscatto e la strada verso la felicità».

Giorgio Scerbanenco aveva già al suo attivo un'ottantina di racconti e decine di articoli pubblicati su Lei, Grazia, Piccola, Novella, Il Secolo Illustrato, Scena illustrata, Cinema illustrazione, Le grandi firme, L'Ambrosiano. Aveva visto decollare la sua carriera all'interno della Rizzoli e nel 1935 era già uscita a puntate sul Novellino l'opera avventurosa-noir Gli uomini in grigio. Nel 1939 sarebbe uscito sempre a puntate sull'Audace il fantascientifico Il paese senza cielo.

Due romanzi speciali, destinati ai ragazzi, a quei piccoli come il piccolo Giovanni, detto Nanni, che è spettatore innocente delle varie traversie della vita alle quali è soggetta sua mamma ne Il terzo amore.

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