Cultura e Spettacoli

“Yes Day”, il family-movie in cui a comandare sono i più piccoli

Commediola talmente lineare da essere scontata, ma valida come scacciapensieri senza pretese per una serata di sorrisi complici tra genitori e figli piccoli. Protagonista Jennifer Garner

“Yes Day”, il family-movie in cui a comandare sono i più piccoli

Yes Day, il nuovo film Netflix Original da oggi disponibile sull’omonima piattaforma, è una commediola per famiglie che ipotizza cosa succederebbe se per un giorno fossero i genitori a obbedire al volere dei figli. Si assiste cioè a una 24 ore di eccessi e caos in technicolor in cui sono dei bambini a gestire tutto e, mai come in questo caso, vedere il trailer può bastare a regalare l’esperienza del film a meno che si voglia davvero assistere a un’ora e mezza di “carnevalate”.

Diretto da Miguel Arteta e scritto da Justin Malen, “Yes Day “ trae ispirazione dall’omonimo libro illustrato per l’infanzia scritto da Amy Krouse Rosenthal (pubblicato nel 2009), ma è anche una sorta di mixaggio tra il mood del profilo Instagram di Jennifer Garner, l’attrice protagonista (madre di tre figli avuti con Ben Afflek) e il film “Yes Man” in cui Jim Carrey era “costretto” a dire sempre di sì.

L’incipit si apre sui trascorsi di una coppia di innamorati, Allison (Jennifer Garner) e Carlos (un mai così ingessato Edgar Ramírez) in cui i “sì” erano alla base della relazione. Li vediamo alle prese col paracadutismo, con l’autostop e pieni di spirito d’avventura. La voce narrante è quella di lei, che ammette di aver perduto, con l’età e soprattutto con l’allargarsi della famiglia, la verve e lo spirito spensierato che la caratterizzavano. A colpi di vere raffiche di “no”, (anche 50 all’ora), la donna cerca di far rispettare ai figli le regole domestiche e questo è il motivo per cui è da loro additata come una dittatrice. Almeno fino a quando si convince a istituire “il giorno dei sì”, ovvero una data in cui lei e il marito asseconderanno tutte le richieste della prole. Per ottenere tale privilegio, però, i ragazzi si dovranno prima impegnare a svolgere una serie di compiti come tenere in ordine la casa, prendere bei voti ecc. Nel caso i genitori, durante le predestinate ventiquattrore, dovessero mollare il colpo di fronte a obblighi assurdi, la loro figlia maggiore, la preadolescente Katie (Jenna Ortega), sarà autorizzata ad andare da sola con le amiche ad un concerto.

Il resto del film segue i protagonisti durante una giornata a dir poco sopra le righe, in cui li si vede alle prese con una gamma di svaghi apparentemente senza fine: si va da una gara per mangiatori di gelato a una battaglia a gavettoni, passando per un giro all’autolavaggio a finestrini abbassati.

I ragazzi hanno modo di sfogarsi nelle loro location preferite e di vedere i genitori in una luce nuova, quella di chi, all’occorrenza, è capace di tornare a giocare come da bambino. Il tempo condiviso porta diversi benefici, primo tra tutti quello di maturare una consapevolezza in grado di far affrontare con il giusto atteggiamento anche le questioni più spinose e radicate. Perfino le tanto vituperate regole, nel riavvicinamento generazionale auto-imposto, cominciano ad assumere le sembianze di suggerimenti per il bene comune.

“Yes Day” è intrattenimento non solo senza pretese ma anche, purtroppo, con ben poche sorprese: ripropone situazioni diverse ma che sono variazioni sul tema “piccole follie con la complicità di mamma e papà”. Semplice e senza evoluzione alcuna, si svolge esattamente come uno immagina all’inizio e, alla lunga, fa dell’assoluta mancanza di spessore il proprio vessillo.

Ibrido tra “L’asilo dei papà” e un “Project X” versione under 12, a seconda dello spettatore "Yes Day" sarà percepito come divertente, innocuo o fastidioso. Poco male, dal momento che, comunque la si pensi, il film lascia il tempo che trova, come se si fosse vista una sit-com della durata di un lungometraggio.


Per una serata davanti alla tv con i bambini può andar bene, ma a rischio e pericolo degli adulti: è praticamente certo che verrà loro chiesto di programmare a breve la “festività” calamitosa del titolo.

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