Il film del weekend

"Gold", ansiogena odissea di sopravvivenza nel deserto

Il film giusto per esorcizzare la calura estiva standosene all’aria condizionata del cinema, magari armati di pop corn, a osservare le peripezie di un uomo lasciato in mezzo al nulla sotto il sole cocente.

"Gold", ansiogena odissea di sopravvivenza nel deserto

Zac Efron è al cinema come protagonista di Gold, un survival thriller ambientato in una landa desertica in un futuro non troppo lontano.

Girato nell’entroterra australiano dall'attore e regista Anthony Hayes, che interpreta anche uno dei due protagonisti, “Gold” racconta l’odissea fisica e psicologica di un uomo. Ad interpretarlo è il trentaquattrenne Zac Efron, aitante idolo di orde di teenager che qui riesce a svincolarsi dalla sua immagine glamour in un ruolo assai crudo e improntato alla mortificazione estetica, ideale per mettere in evidenza una raggiunta maturità artistica.

Il suo personaggio è un claudicante individuo coperto di stracci che raggiunge una fatiscente e isolata stazione di servizio per incontrare uno sconosciuto (Hayes) che lo condurrà in una località dove potrebbe esserci lavoro. I due, a bordo di un’auto malconcia e che rischia di continuo il surriscaldamento si mettono in viaggio quando, durante una sosta, si imbattono nella scoperta di un’enorme pepita. Impossibilitati a dissotterrare una così grande quantità d’oro, si mettono d’accordo: il più giovane resterà di guardia al tesoro mentre l’altro andrà a procurarsi un escavatore nella città più vicina.

Da questo punto in poi “Gold” coincide con il tentativo del personaggio col volto di Efron di rimanere in vita in circostanze estreme, con acqua e cibo limitati, sotto il sole cocente e in balia di scorpioni e famelici cani randagi.

Il film è indubbiamente concepito come una vetrina per Zac Efron, che non si risparmia e si mostra all’altezza. In una attesa estenuante in cui dovrà fronteggiare i pericoli dell'ambiente circostante, vedremo il suo vagabondo sempre più disperato, convinto di essere stato abbandonato al proprio destino dal burbero e scaltro sconosciuto cui si accompagnava.

Il bel viso si copre di vesciche fino a rendersi irriconoscibile, martoriato da raggi solari, vento e sabbia. La progressiva disidratazione dà luogo al sopraggiungere di stati allucinatori in cui la paranoia prende il sopravvento. Da qui in poi si fatica a distinguere cosa sia reale e cosa fantasia. Una donna nomade (Susie Porter) sopraggiunge e inizia a fare domande, una sua gemella comparirà più avanti. Come se non bastasse, la specie di tenda indiana costruita con i rottami di un relitto aereo in cui il giovane ha riparo, viene spazzata via da una tempesta di sabbia (realmente piombata sul set e filmata).

Vale la pena impazzire e rischiare la vita per una roccia, ancorché di immenso valore economico? Forse sì se la si fa coincidere con l’unica possibilità di futuro come pare sia in questo contesto. La narrazione accenna infatti all’inizio a come l’umanità sia vittima di un cataclisma economico senza precedenti. Quindi l’oro diventa metafora, simbolo di speranza in un mondo che l’ha perduta.

Di sicuro è difficile trovare un film con un impianto narrativo più scheletrico di quello di “Gold”, opera minimalista che punta alla massima resa partendo da un budget limitato. La sceneggiatura spoglia e quasi del tutto priva di dialoghi non aiuta a entrare in empatia con personaggi di cui non sappiamo nulla, a partire dal nome, ma rende ancora più ansiogeno il fatto che debbano fidarsi l’uno all’altro, pur ignorando tutto del reciproco passato.

Se da un lato il focus è sul rapporto tra uomo e natura, dove il primo deve resistere all’asprezza e alle insidie insite nella seconda, dall’altro vanno in scena una silente disamina della psiche umana e una parabola sulle conseguenze dell’avidità. Il confine tra speranze e illusioni è davvero sottile e il celebre “homo homini lupus” di Hobbes incombe come sospetto mortifero e infausto nella mente del protagonista fino a renderlo preda della pazzia.

Al netto di alcune lungaggini e di un calo di ritmo nella parte centrale, “Gold” ha un suo fascino amplificato da inquadrature aeree e da una fotografia in grado di esaltare i colori del paesaggio desertico. L’ambientazione ricorda quella distopica di “Mad Max” e non è l’unico elemento a suggerire il sapore di già visto: il senso di isolamento e pericolo e la graduale perdita di contatto con la realtà sono stati al centro di opere decisamente più memorabili come “Cast Away” e “Revenant” (inutile dire poi che Efron, per quanto bravo, non sia esattamente un Hanks o un Di Caprio).

Se avete voglia di un film in grado di ridimensionare le lamentele sul caldo di questi giorni, “Gold” vi aspetta.

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