LO SPETTRO DELLA CRISI

Vendere, vendere, vendere. Un dejà vu, un passato prossimo ancora presente, quello della crisi del debito. Certo non domata con i 130 miliardi di euro elargiti dopo continui stop and go alla Grecia. Non è finita, invece: mentre Standard&Poor’s sventaglia l’ipotesi per nulla remota di un ulteriore piano di ristrutturazione per Atene, adesso il vero sorvegliato speciale è la Spagna, nuovo incubo per mercati sopraffatti ieri dal pessimismo. Con la recessione già in circolo nell’Eurozona come un virus debilitante (Pil a -1,6% la stima 2012 per l’Italia dell’Ocse), l’idea che Madrid possa cadere nella ragnatela della crisi finanziaria spaventa gli investitori. E questa paura si è riflessa ieri nella caduta delle Borse. Un tonfo collettivo che ha visto Milano pagare il prezzo più alto (-3,3%) a causa del peso specifico dei titoli bancari, i più penalizzati non solo per colpa di bilanci tutt’altro che brillanti, ma anche in seguito alla risalita degli spread. Ma tutte le piazze azionarie hanno sofferto: da Francoforte (-1,77%) a Parigi (-1,43%), da Londra (-1,22%) ad Amsterdam (-1,39%). Madrid ha tenuto (-0,92%), ma solo perché mercoledì aveva già subìto uno scivolone del 2%.
Tira insomma una brutta aria, proprio alla vigilia dei vertici di Eurogruppo ed Ecofin, chiamati a decidere in che misura rafforzare il fondo salva-Stati. Il rischio, tra l’altro, è che a Copenaghen vada in scena uno scontro frontale tra Germania e Francia. Pericolo non da sottovalutare dopo che ieri Parigi, di fatto, ha cambiato le carte in tavola proponendo di dotare il firewall anti-crisi di una force de frappe da 1.000 miliardi di euro. La cifra è in linea con quella suggerita nei giorni scorsi dall’Ocse, ma il rialzo della «posta» aveva subito provocato l’irritata reazione di Berlino. Con una mossa altrettanto a sorpresa, nella serata di ieri il ministro delle Finanze tedesco, Wolfgang Schaeuble, ha annunciato che il paracadute anti-crisi avrà una dotazione «di circa 800 miliardi». Cento in più, dunque, rispetto alla soluzione prospettata nei giorni scorsi dalla cancelliera, Angela Merkel, con l’accorpamento dei fondi Efsf ed Esm. La Germania intende inoltre proporre una tassa sulla transazione finanziarie «che riguardano azioni di società quotate in Borsa da prelevare dove l’impresa ha sede legale».
Con le Borse e gli spread tornati in fibrillazione, i ministri finanziari dell’Eurozona non possono permettersi il lusso di una spaccatura. Ecco perché gli sherpa dell’Eurogruppo hanno lavorato sotto traccia per individuare una soluzione di compromesso. La base di partenza è costituita dai 500 miliardi di dotazione del futuro fondo permanente, l’Esm. Inoltre, l’Efsf verrebbe tenuto in «vita» oltre il 30 giugno prossimo, data di scadenza, in modo da disporre anche dei 200 miliardi di crediti vantati nei confronti di Grecia, Irlanda e Portogallo. La quadratura del cerchio sarebbe stata individuata aggiungendo a questi quattrini anche i 240 miliardi di garanzie non ancora utilizzate dall’Efsf. In tutto, 940 miliardi. È quanto chiesto da Nicolas Sarkozy? No, visto che queste garanzie potranno essere impiegate solo in casi estremi e dopo il voto unanime dei leader europei. Questo meccanismo, inoltre, funzionerà solo fino alla metà del 2013. E in ogni caso, i 940 miliardi del firewall sarebbero «virtuali», considerato che l’Esm richiederà tre anni di versamenti per raggiungere la piena capacità.
Questioni non di poco conto, ora che la Spagna è la vera sorvegliata speciale dell’Eurozona.

Oggi Madrid alzerà il velo sui conti di quest’anno, ma il premier conservatore, Mariano Rajoy, ha già chiarito che il Paese non potrà mantenere l’impegno di riportare quest’anno il rapporto deficit-Pil al 4,4% a causa di una recessione che sta alimentando disoccupazione (5,6 milioni a spasso) e le proteste, sfociate nello sciopero generale di ieri, contro le misure di austerity da 20 miliardi.

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