da Milano
Caro-petrolio, inflazione, rallentamento dei consumi e disoccupazione americana: da questa mattina gli investitori torneranno a confrontarsi con le quattro «streghe» che hanno trasformato la prima settimana del 2008 nel peggior inizio danno per Wall Street dal 1932. A richiamare alla memoria i colori della Depressione è stato il settimanale americano Barrons a dimostrazione di come Oltreoceano si faccia strada il timore che dietro al sortilegio di venerdì scorso (quando le sole Borse europee hanno perso 162 miliardi in termini di capitalizzazione) si nascondano le avvisaglie di un arresto delleconomia Usa.
Ecco perché tra gli operatori è diffusa lopinione che non si allenterà la tensione sui mercati, ancora alle prese nelle prossime settimane con quei bruschi saliscendi delle quotazioni che in gergo tecnico prendono nome di «volatilità». La prima a misurarsi con i propri timori dopo la pausa del fine-settimana, sarà Tokio, chiamata a risollevarsi dalla caduta (meno 4%) che lha portata ai minimi da 17 mesi. Al suo risveglio lEuropa dovrà, invece, decidere se tornare a scommettere sul comparto dellauto, finora tra i più penalizzati: venerdì Fiat ha ceduto un ulteriore 7% avvicinandosi a 15,5 euro, più o meno il valore di un anno prima. Ad abbattere il Lingotto e gli altri gruppi automobilistici internazionali, ha concorso linarrestabile fiammata che ha portato il petrolio a sfondare, seppur temporaneamente, il tabù dei 100 dollari al barile. Al bivio anche gli altri titoli «blasonati» di Piazza Affari, tutti al centro delle vendite con leccezione di Terna e degli energetici sostenuti dal greggio. A preoccupare gli investitori sono anche le ulteriori conseguenze della crisi dei mutui subprime americani che hanno già costretto molti colossi finanziari a pesanti svalutazioni e indotto alcune istituzioni di Manhattan come Citigroup ad accettare il soccorso dei fondi sovrani medio-orientali.
Per avere un quadro più completo occorrerà probabilmente attendere i dati di bilancio in primavera ma a tradire le preoccupazioni dellamerican corporation sono state le stesse parole del presidente George W. Bush che pur definendo «forti e sani» i mercati ha ammesso «qualche incertezza» sulla crescita. Bush era reduce da un incontro con il presidente della Federal Reserve, Ben Bernanke: il banchiere da cui i mercati si attendono una sforbiciata al costo del denaro a fine mese. Il caro-vita potrebbe, tuttavia, suggerire allarbitro delleconomia Usa (il tasso di disoccupazione è salito al 5% segnando il dato peggiore dal 2003) di restare immobile.
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