Benvenuti al Lido Cafonal. Che - prima di essere un luogo reale - è una categoria dellanima, balneare. Unideale spiaggia delle libertà dove ognuno fa il proprio comodo, fregandosene bellamente del vicino di ombrellone.
In estate il Lido Cafonal non accetta prenotazioni, qui tutti possono - anzi, devono - arrivare senza preavviso. Rispettando una sola condizione: non rompere le scatole con la storia dei divieti.
Al Lido Cafonal chi non accetta la simpatica legge del gavettone viene subito bollato come «coatto»; idem per chi non gioca a pallone usando come porta i pali degli ombrelloni altrui e chi si rifiuta di brandire i racchettoni da tennis-beach a mo di cavaliere della Tavola rotonda. E, a proposito di tavola, a Lido Cafonal guai a usare i cestini della spazzatura per gettare scorze di anguria, bucce di pesca, torsoli di pera e noccioli di albicocca; per non parlare dei resti di panini con la cotoletta, frittata di maccheroni, melanzane al forno, tortiera di pollo e via digerendo fino al caffè e allammazzacaffè. Poi, subito, un tuffo in mare. Alla faccia dei rompiballe che la menano con le «tre ore di attesa...».
I lidi laziali, al pari di quelli del resto dItalia, hanno da sempre unindole Cafonal che puntualmente insabbia ogni velleitario tentativo di «regolamentazione interna». Suscita perciò una certa tenerezza il testo anti-cafonal messa a punto dallassessore regionale al Turismo del Lazio, Claudio Mancini: «Ogni stabilimento balneare dovrà dotarsi di uno spazio per lasciare asciugamani, vestiti, ciabatte, in modo da permettere di fare il bagno in tranquillità a chi entra senza pagare». Lobiettivo è nobile: «Favorire il libero e gratuito accesso agli stabilimenti per raggiungere la battigia, diritto garantito dalla legge nazionale del 27 dicembre 2006. La norma esiste bisogna solo promuoverne l´applicazione».
Peccato che, proprio sull«applicazione», il povero Mancini sia rimasto in mutande. Il nuovo regolamento regionale delle spiagge, infatti, consente l´accesso libero e gratuito alla battigia, ma senza assicurare esplicitamente il diritto alla balneazione. «È affidato ai titolari degli stabilimenti - recita la normativa - il compito di evitare qualsiasi occupazione, anche solo occasionale e momentanea». Ma i bagnini si tirano fuori: «Le multe spettano ai vigili»; e i vigili? «Figuriamoci, abbiamo cose più serie da fare...».
Inevitabile quindi leffetto-tzunami che ha costretto lassessore a unaffannosa marcia indietro. Su sollecitazione dello stesso presidente della Regione, Piero Marrazzo, ieri Mancini ha firmato una delibera-bis in cui si specifica che «i bagnanti» non sono assimilabili «agli ombrelloni». Una precisazione auspicata da molti...
«Chiarirò - ha anticipato lassessore a la Repubblica.it (edizione di Roma) - che l´obbligo dei gestori di evitare qualsiasi occupazione anche momentanea è riferito alle cose e non alle persone, cioè a ombrelloni, sdraio, lettini. Chiederò inoltre ai comuni di procedere all´affissione di cartelli informativi in tre lingue sui diritti del bagnante».
«Saranno gli stessi comuni - aggiunge Mancini - a dover individuare per ogni stabilimento del litorale laziale l´area dedicata agli effetti personali di chi entra gratis e vuole farsi un bagno».
Tutto ciò in attesa di un evento davvero appassionante: «La redazione del Pua (Piano utilizzo arenili) che ristabilirà il giusto rapporto tra aree in concessione e spiagge pubbliche». Intanto, conclude gladiatorio lassessore al Turismo, «rimane il divieto, per chi entra gratis, a stendere l´asciugamano per prendere il sole».
Parole che hanno reso nero lumore del verde Angelo Bonelli, ex assessore regionale all´Ambiente e fiero oppositore del Mancini-pensiero: «La sua direttiva è insufficiente e non ha lo stesso valore giuridico del regolamento».
La polemica non finisce qui. Prossimo dibattito pubblico, al dancing del Lido Cafonal.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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