Il derby riscopre il pari. Milan, un'ora da Faraone, ma l'Inter non va in Barça

Vince la "nouvelle vague": segna El Shaarawy, pareggia Schelotto Nerazzurri più cinici, rossoneri più spreconi. Portieri protagonisti

Il derby riscopre il pari. Milan, un'ora da Faraone, ma l'Inter non va in Barça

Pareggia la nouvelle vague: più intrigante quella milanista, più cinica quella interista. Derby con due squadre che volevano farsi male, ma alla fine si sono spente tra bravura ed errori, magie dei portieri (Abiati ha rischiato di brutto nel finale) e imprecisione degli attaccanti. Il Milan ha sprecato di più. L'Inter ha pescato con il poco che ha creato. Un pari (1-1) che non capitava dal 1996, una storia fa. E in assoluto il pareggio mancava nel derby dal 2004 (0-0). Allegri sentirà il peso degli errori di Balotelli. Stramax quello degli errori suoi per una formazione che, al solito, ha dovuto riaggiustare e migliorare nella ripresa. Pari davvero in tutto.

Poche coreografie in tribuna, niente neve e campo dignitoso, fischi a Balotelli ma il giusto, tanto per non negarsi nulla. Tutto il meglio in campo. Milan aggressivo e quasi arrogante nel coprire per intero gli spazi del terreno: un bel vedere nel gioco di fascia dove De Sciglio ha trovato burro per tutto il primo tempo, Abate ha dovuto lottare con Zanetti. Squadra più sicura nel palleggio e nel proporre gioco. Chissà, il 2-0 al Barcellona è stata davvero una medicina. Inter frenetica nei primi venti minuti e comunque poco concreta. Stramaccioni ha mandato in campo una squadra che sembrava fatta per volere dello spogliatoio. Non vecchie glorie, piuttosto vecchia guardia. Bocciata la campagna acquisti invernale di Moratti e Branca: sulla panca sono andati a sedere Kovacic, Kuzmanovic, Schelotto oltre a Rocchi. Visto il primo tempo, non proprio una grande idea. L'Inter si è connessa subito con la sua partita ma non con il gioco del Milan che voleva farla da padrone.

In fondo quel primo tempo ha rispecchiato la logica dei due successi in coppa: Milan stilizzato Balotelli, più convinto del suo gioco e affidato ai cannonieri. Inter a sprazzi. Fisicamente forte, ma poco altro, nel gioco di Alvarez. Molto più carta velina nel correre di Guarin. E con poche cartucce da sparare in attacco. Cassano dentro e fuori dalla partita secondo usi e costumi, Palacio un paio di volte in area a pizzicare la difesa, ma niente di più. E quando il Milan ha cominciato a rombare se ne sono visti gli effetti. Balotelli si è mangiato tre occasioni: due per magie di Handanovic novello “uomo ragno”, una per colpa propria. Il portiere nerazzurro è stato sovrumano soprattutto in una parata: andando a respingere come una molla una letterale fucilata di testa di SuperMario. San Siro deve aver stropicciato gli occhi e Balotelli pure. Per rabbia ha perfino preso a calci i pali nerazzurri.
Poteva essere il 2-0 che avrebbe messo l'Inter spalle al muro. Invece il Milan ha continuato a sparare palloni ed a contare su quel gol regalato dalla bravura di El Shaaravy, spettacolare e straordinario nell'infilarsi in una delle tante correnti d'aria (e d'area) lasciate dall'Inter. Palla da Boateng e via, tra Nagatomo e Ranocchia, a colpire d'esterno e a crocefiggere anche la bravura di Handanovic.

Un gol fatto, ed altri mancati, hanno restituito un po' di orizzonte all'Inter. E la ripresa lo ha dimostrato quando Guarin, pescato da Palacio, ha obbligato Abbiati ad una parata in stil Handanovic. E Cassano, sulla respinta, ha colpito il palo. Ecco, ritrovato il vero derby: colpo su colpo, botta e risposta, guai a non provarci. Inter uguale nella formazione, poi ridisegnata con gli ingressi di Schelotto e Kuzmanovic, ma diversa nella sostanza. Il Milan da cento all'ora del primo tempo ha cominciato a rullare con minor ritmo.

Stramax a quel punto ha fatto entrare Schelotto e lui gli ha dimostrato che aveva sbagliato a lasciarlo fuori: al primo cross utile (Nagatomo) la testa d'indiano dell'argentino ha schizzato la palla, giocandosi il solito avventurismo di Mexes. Pareggio e incredulità sono state tutt'uno per la gente interista. Ma anche per quella milanista che ha visto svanire l'oro che sentiva fra le mani.

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