Alessandria & C: Cenerentola fa male

Il vero exploit è quello dei piemontesi con il Genoa Ma anche il Carpi che batte la Fiorentina in casa...

Alessandria & C: Cenerentola fa male

Marcello Di DioLa Coppa che non ti aspetti. Delle sorprese e dei rovesci clamorosi. Una Coppa che assomiglia per una volta alla più prestigiosa Fa Cup inglese o all'omologo trofeo di Francia o ancora alla Dfb-Pokal tedesca, dove le piccole possono sognare in grande. Una competizione senza pronostico, che stupisce, conquista e appassiona. Regala favole, sogni di gloria e serate o notti magiche. È la Coppa delle «Cenerentole» che fanno piangere i Paperoni del pallone.Ma le imprese di Alessandria, Spezia, Carpi - in rigido ordine cronologico - hanno anche una valenza maggiore di quelle conquistate fuori dall'Italia (vedi negli ultimi anni le favole di Cambridge, Quevilly e Arminia Bielefeld o andando più indietro nel tempo quella del Calais, arrivato a un passo dal trofeo transalpino). Il salto di qualità, rispetto ai tornei europei, è aver passato il turno lontano dal campo amico: l'Alessandria - prima squadra di Lega Pro ai quarti dal 1984, prima di lei il Bari quando c'era ancora la serie C - c'è riuscito già due volte, espugnando dopo i supplementari il Barbera di Palermo e il Ferraris di Genova; lo Spezia - undicesimo in B e per la terza volta ai quarti di Coppa Italia, l'ultima addirittura nella stagione 1940/41 - è stato più preciso dal dischetto nell'Olimpico di Roma, lo stadio che da anni ospita la finale del trofeo; il Carpi, che annaspa nel massimo campionato e che finora era arrivata solo in finale della Coppa di Lega Pro nel 2011, ha «gelato» il Franchi e la Fiorentina con un'azione dell'uomo simbolo degli emiliani, il Di Gaudio protagonista di tre promozioni dalla Seconda Divisione alla serie A. Senza dimenticare che il Crotone capolista in B, nel turno precedente, aveva rischiato di far fuori il Milan. Con i rossoneri che, se elimineranno stasera la Sampdoria, potrebbero trovare un'autostrada nel cammino verso la finale. Sempre che le «piccole» terribili non regalino altri exploit. Gli squilli del calcio di provincia fanno già scalpore, anche se siamo solo agli ottavi. Schierare le riserve e battere le grandi, a loro volta zeppe di seconde linee che sulla carta dovrebbero comunque essere più forti degli avversari.

Un segnale che, direbbero i più pessimisti, conferma il calo del nostro calcio di vertice. Intanto Carpi, Spezia e Alessandria sognano di ripetere le gesta del Vado (1922) e del Napoli 1961/62, le uniche nella storia della Coppa Italia ad aver alzato il trofeo pur non militando nella massima serie.

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