Allegri fa lo spensierato: "La panchina? Tranquilli"

"C'è tanta gente che la vuole, ma io qualche punto l'ho fatto. Voglio un Milan che non pensi al risultato"

Allegri fa lo spensierato: "La panchina? Tranquilli"

MilanelloAdesso viene il difficile. Anzi il bello. Sette partite in 21 giorni, tra campionato e Champions, possono stravolgere l'esistenza di Allegri infilato dentro un frullatore e del suo Milan, oppure possono rilanciarli in attesa che maturino i ritorni più importanti (Montolivo con l'Anderlecht, Robinho a Udine, Pato col Parma) e che la squadra guadagni uno straccio di gioco e di futuro. Adesso viene il difficile anche se l'interessato, cioè Allegri, continua a “snobbare“ le voci e le candidature poissibili e impossibili che s'intrecciano sulla sua panchina. «C'è tanta gente che aspira ad allenare il Milan, per fortuna qualche punto nel biennio l'ho fatto e comunque sono indifferente» confessa il livornese che sembra restituito, per merito della pausa, a una maggiore serenità. «Sono uno molto diretto e non accetto chi prova a prendermi per il naso» l'altra espressione, edulcorata, ma che rende comunque l'idea. Insomma: molti esponenti della vecchia guardia raccontano storielle. Sepolto anche il famoso tormentone della cena in Versilia con Galliani, prima annunciata, poi smentita, poi ancora tornata d'attualità. «Per fare un chiarimento dovrebbe esserci qualcosa da chiarire. Con Galliani in due anni e mezzo abbiamo fatto cento cene. Questa volta non vedevo la necessità: ero a Livorno con mio figlio che non vedo mai e poi sono andato a Milano da mia figlia» la ricostruzione del famoso tira e molla. Che sia un Allegri diverso, molto diverso da quello scoperto prima del viaggio a Bologna, lo conferma la battuta sulla successiva domanda («ha sentito il presidente Berlusconi?»). «Non lo sento da due mesi» la risposta con tanto di chiosa, «è una battuta» per evitare un altro tsunami mediatico. Soprattutto dopo che Briatore ieri ha rivelato che «Silvio è molto preoccupato per il Milan. Io so che cosa vuol dire gestire una squadra di calcio».

Come si capisce al volo, Allegri è ancora in mezzo alla bufera. C'è chi lo trova accerchiato, chi isolato, chi magari alla mercè del primo milanista che si alza la mattina e gli spara addosso a palle incatenate ma lui e il Milan non se la passano bene. E soprattutto c'è il rischio che le prossime cadenze, 7 partite in 21 giorni, possano complicare lo scenario. Se a Bologna i gol di Pazzini hanno ricoperto altre crepe, qui bisogna aggiungere sostanze e gioco alla vena dell'attaccante, recuperato nonostante qualche acciacco al ginocchio (patologia tradita a Coverciano). Il nuovissimo Milan deve migliorare nella sequenza (non ha mai vinto a San Siro, dopo la prima di campionato e il trofeo Berlusconi) e poi, parole di Allegri, avere «più coraggio». Ecco il nodo che rischia di strangolare squadra, società e pubblico dal giorno in cui Thiago e Ibra sono volati a Parigi. «Dobbiamo essere più spigliati, preoccuparci meno dei risultati, fare come la Juve di un anno fa» la sintesi del tecnico che di fatto vorrebbe assicurare ai suoi lo stesso percorso. Cioè cominciare tra stenti e balbuzie, poi, grazie all'autostima, incassare la sicurezza che può trasformare una squadra imperfetta in una vera armata. Perciò il Milan, stasera, contro l'Atalanta, ha bisogno soprattutto di vincere. E di accompagnare per mano al debutto dal primo minuto Bojan: «dallo spagnolo mi aspetto molto» è il pensiero di Allegri che sul mercato ha speso tutto il credito accumulato. Oltre a Bojan può rivedere all'opera De Jong, l'olandese costretto a giocare da laterale al fianco di Ambrosini in attesa che torni Montolivo e che ci sia un centrocampo più razionale e anche meglio dedito alla costruzione del gioco. «Serve spensieratezza» insiste Allegri ma a Milanello son pochi quelli che possono vivere spensierati. Lo stesso Galliani non vede l'ora di poter esibire al suo azionista la bontà degli interventi effettuati sul mercato.

L'Atalanta non è squadra tenera, a

dispetto del punto guadagnato. «Vedrete, ci concederà pochi spazi» la previsione. E allora meglio scaldare anche le uniche due punte in panchina, El Shaarawy e Niang, «che può essere il futuro, non il presente» il giudizio.

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