Che cosa sta accadendo alla Juventus? Nulla, tutto previsto. Previsto se uno ha studiato Allegri e le sue teorie. I quattro scudetti sono medaglie che luccicano sul suo petto, la sostanza è conosciuta, la forma anche. La forma di questa Juventus è figlia di una mentalità che appartiene all'allenatore livornese (tipo Matteo Renzi): stai sereno. Deve star sereno Higuain. Deve star sereno Dybala. Deve star serena la Juventus. E così, mentre le altre si sono armate fino ai denti, mentre il Napoli viaggia come sa e come deve, la squadra campione d'Italia si sta incartando. Nel gioco e nella testa.
Ceduto Bonucci, la Juventus disporrebbe di due centrali difensivi, Benatia e Rugani. Contro il miglior centravanti italiano in circolazione, Immobile, sono rimasti entrambi in panchina. Proseguo. L'ala, o esterno destro di ruolo, è Cuadrado. In panchina pure lui. L'alternativa non è Bernardeschi che ha caratteristiche di trequartista ma per Allegri così non è. Ancora. Contro la Lazio la Juventus ha schierato un centrocampo a tre, secondo tesi di laurea a Coverciano dello stesso allenatore: ma tre centrocampisti di contenimento, Khedira, Matuidi e l'uruguagio Bentancur reduce dal doppio impegno con la sua nazionale ma comunque utilizzato a prescindere. Non è finita: Douglas Costa anarchico per mancanza di disciplina tattica. E poi: Dybala in panchina, come sopra, perché, dopo l'Ecuador, pur non avendo giocato, era stanco e male allenato. Dybala non allenato vale, comunque, sempre di più di alcuni sodali allenati ai massimi. Lo stesso argentino, così come Pjanic, risparmiato per affaticamenti vari, è determinante per la qualità del gioco, altrimenti lentissimo, prevedibile e noioso. Per ultimo: in svantaggio contro la Lazio, Allegri ha richiamato Lichtsteiner e inserito il modesto Sturaro che deve, però, avere qualche segreto o scheletro in armadio per essere puntualmente utilizzato dal tecnico.
Totale: la Juventus, dopo otto giornate non è ancora fuori dal giro scudetto ma non ha ancora un identikit definito e definitivo, semmai un albergo a ore con gente che va e gente che viene. Servirebbe una scossa ma non è Allegri il tipo capace di questo, al di là di sceneggiate come l'ultima, ridicola e volgare, quando ha abbandonato la panchina, rientrando negli spogliatoi prima che Dybala calciasse il rigore. A Monaco, un amico ed ex sodale di Andrea Agnelli alla presidenza della Lega europea dei club, Karl Heinz Rummenigge, ha tagliato la testa di Carlo Ancelotti che aveva vinto l'ultimo scudetto della Bundesliga ed è in corsa in Champions. Rummenigge aveva capito che il Bayern non reagiva più al lavoro di Ancelotti, di cui nessuno può discutere le qualità professionali. Ma la storia era finita e così è stato.
Non è facile trovare oggi un'alternativa ad Allegri. A meno di non ricorrere al passato glorioso, non Lippi, comunque di grande censo, ma Capello che ha ottimi rapporti con Andrea Agnelli.
Semplici voci ma Allegri sa bene che mercoledì sera, contro lo Sporting di Lisbona, non può sbagliare. Cambierà ancora formazione. E, fino all'ultimo fischio dell'arbitro, resterà in panchina. Come deve fare, da sempre, un allenatore della Juventus. Stia sereno. Ma non troppo.
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