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Un altro Schumi in F1. Mick correrà con la Haas. Ma non è "figlio di papà"

Il baby tedesco ha fatto la gavetta e si è meritato la "promozione". Ma prima si gioca il titolo in F2

Un altro Schumi in F1. Mick correrà con la Haas. Ma non è "figlio di papà"

Mick era un bambolotto quando papà Michael lo mise per la prima volta su un kart facendogli toccare il volante con le sue manine paffutelle. Lo racconta un filmato che gira in rete da ieri e lo stesso Mick ha rilanciato sui suoi social. Era la primavera del 2000, Mick non aveva ancora un anno... Non si può proprio dire che Michael non lo avesse incoraggiato. Oggi sarebbe orgoglioso del cammino che ha fatto quel figlio biondo come sua madre, perché è vero che la sua è stata una strada vellutata, ma non sarebbe mai arrivato in Formula 1 soltanto per il cognome che porta, al massimo si sarebbe fermato all'Academy Ferrari che in un certo periodo è stata lo sbocco naturale dei figli di papà, ma che ora è diventata la miglior scuola per giovani piloti che ci sia, come dimostra il fatto che tre dei primi quattro in classifica nel campionato di Formula 2 (Mick, Ilot e Shwarzman) siano prodotti del vivaio di Maranello.

«Non si va veloci solo per il cognome che si porta. Credo che Mick meriti di correre in Formula 1», ha detto Jean Todt che se non è un secondo padre è quanto di più ci si può avvicinare. Con papà al suo fianco tutto sarebbe stato più facile. I suoi consigli sarebbero stati preziosi e Michael probabilmente non sarebbe stato invadente come il primo Verstappen con suo figlio Max. Quando Michael ha chiuso le trasmissioni il 29 dicembre 2013, sette anni fa, Mick era ancora un ragazzino. Allora era un cognome più che un pilota. Oggi è diverso perché in ogni categoria in cui ha corso ha dimostrato di saper migliorare gara dopo gara, di saper essere veloce e saper ragionare, di saper essere anche cattivo nel modo giusto come ha fatto vedere con delle difese al limite nella seconda gara dello scorso weekend.

La Haas ha deciso di ufficializzare il suo ingaggio proprio alla vigilia del weekend che deciderà il suo campionato (ha ancora 12 punti di vantaggio su llot a 2 gare dalla fine). Avrebbe anche potuto attendere domenica. Ma Mick non fa caso alla pressione. Ci convive da quando ha partecipato alla prima gara. «Proprio a causa della pressione avuta sin da quando ho iniziato ad essere in pista ha detto ieri - ho imparato a conoscerla presto ed oggi so gestirla bene. Spero che sia così anche in Formula 1...». Attorno a lui ha una rete protettiva, coordinata da Sabine Kehm, l'ex addetta stampa e poi manager di papà, che ha fatto un lavoro eccellente. Il resto lo ha fatto lui comportandosi da bravo ragazzo.

La storia della Formula 1 è ricca di figli di. Dagli Ascari ai Verstappen, passando per Graham e Damon Hill, per Keke e Nico Rosberg e soprattutto per Gilles e Jacques Villeneuve. Nessuno aveva un paragone così tosto, forse solo Jacques visto che suo padre era un mito, ma forse anche per questo lui ci ha messo molto prima di parlarne e poi ha girato sempre al largo dalla Ferrari.

Mick, invece, segue quasi la strada indicata da papà con quella tuta rossa Ferrari con il Cavallino sul cuore. Intanto comincia dal numero 47 che non ha legami particolari: «Ci ho pensato un po', il 4 e il 7 sono i miei due numeri preferiti. Ma sono già assegnati, così ho scelto il 47. Poi dopo mi sono accorto che se si sommano tutti i nostri compleanni in famiglia, il risultato è... 47».

Meglio non dirgli che significhi a Napoli.

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