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Ancelotti-Bond liquidato dal Napoli: una spy-story durata 18 mesi

Dell'esonero di Ancelotti da tecnico del Napoli ha colpito solo la tempistica, essendo stato comunicato subito dopo la qualificazione agli ottavi di Champions League. Un epilogo inevitabile dopo la rottura con presidente e squadra

Ancelotti-Bond liquidato dal Napoli: una spy-story durata 18 mesi

Tutto era cominciato con una foto alla James Bond. E tutto è finito al termine di una storia dove non sono mancati tradimenti, spiate e colpi di scena. Proprio come in un libro di Ian Fleming, Il legame tra Carlo Ancelotti e il presidente del Napoli, Aurelio De Laurentiis, è finito con una gelida stretta di mano e un comunicato ufficiale diffuso sui social, seguito qualche ora dopo da un tardivo "grazie mister" . E dai saluti virtuali di alcuni giocatori che, a dire il vero, hanno fatto di tutto per mandarlo via.

Stranezze e ipocrisie del calcio, epilogo che lascia l'amaro in bocca a tutti, soprattutto al tecnico di Reggiolo. Sbarcato a Napoli nel maggio 2018 per raccogliere l'eredità di Maurizio Sarri - passato al Chelsea dopo avere sfiorato lo scudetto con il record di punti, 91, della storia del club partenopeo - Ancelotti aveva cominciato la sua avventura sotto al Vesuvio con comprensibile entusiasmo, rinfrancato dall'annuncio del presidente di voler avviare con lui un ciclo di 10 anni. Quasi raddoppiato, si fa per dire, dai 18 mesi scarsi in cui è durata la sua esperienza con il club azzurro.

L'obiettivo, neanche a dirlo, era quello di vincere qualcosa. Cosa che non era riuscita a Sarri. Ancelotti, il tecnico più vincente del calcio italiano tra quelli ancora in attività, doveva essere una garanzia dall'alto del suo palmarès da sogno, un armadietto dove sono stipati come sardine 20 trofei. Ma le fondamenta su cui Carletto ha costruito il suo Napoli si sono incrinate dopo pochi mesi, a causa del pareggio di Belgrado contro la Stella Rossa costato, a Insigne e compagni, l'eliminazione dalla Champions League.

Un affronto, per un tecnico che come dice la sua autobiografia preferisce da sempre la coppa (dal duplice significato, sportivo e gastronomico). In campionato, le cose non andavano meglio. Prima il 3-0 incassato in casa della Sampdoria, utile però ad abbandonare il 4-3-3 di Sarri in favore di un più equilibrato 4-4-2, preceduto - e seguito - da alcune ottime prestazioni fino al pesante 3-1 in casa della Juventus.

È lì che la squadra ha perso fiducia in se stessa, non riuscendo a tenere il passo della Vecchia Signora e arrendendosi alla distanza. A fine stagione i punti sarebbero stati 79, 11 in meno della Juve campione d'Italia e ben 12 in meno di Sarri. Delusione acuita poi dal fallimento in Europa League, con l'eliminazione ai quarti di finale per mano dell'Arsenal.

Poco male. Almeno per De Laurentiis, che la scorsa estate fa il punto della situazione con il suo allenatore. Cercando di accontentarlo sul mercato. D'accordo, non arriva James Rodriguez, ma DeLa spende fior di milioni per Di Lorenzo, Manolas e, soprattutto, mister 42 milioni Lozano. "È una squadra da scudetto", pensano tutti. L'inizio è incoraggiante, con 3 vittorie nelle prime 4 partite e la sconfitta (con beffa) dello Stadium a causa di uno sfortunato autogol di Koulibaly. Poi il giocattolo si rompe.

I senatori Insigne, Callejon, Mertens e Allan spengono la luce. I rapporti con Ancelotti sono ai minimi termini, anche per colpa di DeLa che non si fa troppi problemi ad accusare pubblicamente Insigne prima, e Callejon-Mertens poi, di voler guadagnare troppo.

È la fine. Il rendimento della squadra cala precipitosamente, malgrado i risultati eccellenti in Champions League. il 5 novembre il patatrac. Dopo il pareggio europeo contro il Salisburgo, la squadra si rifiuta di tornare in ritiro. È un ammutinamento generale. Anche Ancelotti sarebbe contrario, ma per senso di responsabilità sale sul pullman. DeLa, però, non dimentica. Anzi. "Sono contrario, ma mi adeguo", aveva detto Carletto ai giornalisti. Segnando il punto di non ritorno nel suo rapporto con il presidente.

Senza l'appoggio di nessuno, la barca ancelottiana è andata lentamente alla deriva. Prima della partita con il Genk, erano 9 le partite consecutive senza vittorie. Uno score da brividi, uno sprofondo rosso che ha indotto la società a dargli il benservito. Ma il match di Champions, con i 20 milioni di introiti legati alla qualificazione agli ottavi di finale, era troppo importante. Di qui la decisione di DeLa di attendere la fine della partita con i belgi per l'ultima cena con Ancelotti. Dove il tradimento si è infine materializzato. Al tecnico di Reggiolo il commiato di club e squadra, epitaffio di una spy-story alla 007.

Questa volta, però, senza il lieto fine.

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