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Arbitri, medici e giocatori. È dura la corsa a ostacoli per far ripartire la serie A

Si devono fare i conti con Var, antidoping, idoneità. E se i calciatori scioperassero per la loro salute?

Arbitri, medici e giocatori. È dura la corsa a ostacoli per far ripartire la serie A

Ricominciare? Se il calcio si è fermato con Rugani, la compagna di Rugani dovrebbe suggerire al calcio che, forse, non è il tempo di ricominciare: è di nuovo sotto le grinfie del virus. A ieri pomeriggio il numero da non dimenticare è questo: 17.127. Sono le persone uccise in Italia dal contagio. Ma il calcio vuole ricominciare. Eppure il cammino sembra pieno di ostacoli. Parlano gli arbitri e dicono: i calciatori rischiano meno, viaggiano con mezzi privati. Noi dobbiamo andare in giro fra la gente, usando treni o aerei. Hanno ragione. Salvo metterli in clausura, che poi è l'ultima idea della serie A: tutti in ritiro e magari giocare solo a Roma. Come se il virus non svolazzasse. Allora meglio costruire due stadi nel deserto: sarebbero più sicuri. Si propone un calcio senza Var, perché troppo ristretti gli spazi di lavoro. Il male minore: salvo non trovarsi di fronte ai soliti furbastri pronti ad andare in tribunale. Si può giocar pallone senza antidoping? Meglio di no. Ma questo è l'interrogativo: volete riaprire un campionato rischiando di non avere controlli? Le Olimpiadi di Tokyo sono saltate anche per evitare che fossero i Giochi più dopati della storia. Naturalmente parliamo di calcio di serie A, forse serie B. L'altro è destinato a lacrime e sangue: gli stipendi non sempre corrono, e se corrono valgono quelli impiegatizi. La serie A ha bisogno di ricominciare per evitare contestazioni e ricorsi, non perdere i milioni delle tv e tamponare la crisi economica a cui andrà incontro: solo gli stipendi dei calciatori valgono un miliardo. Ma chi si illude che tra un mese o due il virus dica: vado in vacanza. Forse sarebbe meglio sconvolgere i riti: via a settembre per chiudere la stagione. Nel gennaio 2021 cominciare la nuova.

Oggi sono tante le componenti che si oppongono al rischio, benché si parli di calcio a porte chiuse. I tedeschi hanno immaginato che, per ogni partita, sarebbero coinvolte 239 persone tra chi va in campo e chi gestisce da fuori (pronto intervento, controllori federali e così via). E magari nessuno ha pensato al personale degli stadi, a chi è delegato al servizio medico, al personale delle pulizie, ai giardinieri che devono lavorare sull'erba, alla gestione luci. Locali comuni, spogliatoi, impianti di gioco e allenamento, servizi igienici vanno sanificati sempre. Per l'ordine pubblico sarebbero convogliati centinaia di uomini, distratti da altri servizi: pronti a disperdere le orde di irriducibili che si radunerebbero intorno agli stadi. Le tv hanno interesse, ma gli investitori pubblicitari ne avranno altrettanto per uno show che potrebbe portare ad altri drammi? Quanti focolai-virus si rischieranno? La federazione medici sportivi ha snocciolato un protocollo per tenere sotto osservazione i giocatori: diversi esami, nuove autorizzazioni. Saranno richiesti tamponi ogni 4 giorni: non vogliono ci scappi il morto. E il popolo si chiederà: mancano tamponi per la gente comune, eppure per questi ne saranno a disposizione migliaia? Dov'è la reale vergogna? In attesa di un vaccino, ci sarà sempre il timore di un nuovo caso. A quel punto, dicono i medici, sarà considerato come un infortunato. Chi sta bene va avanti, chi sta male si ferma. Ma se capitasse ad altri, dottori sportivi compresi?

Sale l'onda social contro un mondo mugugnante sul taglio dello stipendio e che non rispetta la realtà. E se i calciatori stavolta scioperassero? Non per gli stipendi, ma per garantire la salute. Sarebbe l'unico vero, insormontabile, ostacolo al ritorno in campo.

E forse la gente starebbe dalla loro parte: così quel numero che cresce ogni giorno sarà onorato.

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