Pier Augusto StagiHa sempre fatto discutere, ha contribuito a dividere l'Italia del ciclismo degli anni Ottanta e l'hanno anche accusato di essere meno scenico e più speculativo rispetto all'acerrimo rivale Francesco Moser. Ma Beppe Saronni ha sempre fatto dell'intelligenza tattica la sua cifra stilistica: meno forza, più strategia. Sapeva nascondersi Beppe Saronni, ma non avrebbe mai immaginato di doverlo fare un giorno anche nella vita da ex, quando sei anni fa un Pm di Mantova ha deciso di elevarlo agli onori delle cronache con l'accusa tutt'altro che gradevole di essere la mente di un doping di squadra. Beppe Saronni non ha mai amato i riflettori, neanche quando era una star della bicicletta. Ha sempre preferito far parlare i risultati, tanti, più di 200 vittorie, con un mondiale, due Giri d'Italia e un'infinità di classiche a risplendere. Più che ad attaccare, era portato a rispondere. In questo caso, per l'inchiesta di Mantova, ha invece dovuto farsi quasi invisibile: ha lasciato parlare gli altri. Ora che tutto è finito, con l'assoluzione piena decretata a metà dicembre da un giudice monocratico, ma chiesta direttamente da quel Pm che aveva costruito il castello accusatorio, ha deciso di dire qualcosa anche lui: e lo fa per la prima volta.«Che i giudici debbano fare il loro lavoro è sacrosanto spiega il 58enne campione di Parabiago -. Che debbano indagare se hanno il sospetto che qualcosa non quadri è nel loro diritto, ma nel nostro Paese si finisce troppo spesso e troppo presto in pasto all'informazione solo sulla base di ipotesi».Ora, però, ne è uscito a testa alta«Sì, ma a che prezzo? Sei anni di udienze, indagini, carte bollate e inchieste giornalistiche violente che ci hanno messo seriamente a rischio sopravvivenza. Non so come ho fatto e, soprattutto, come hanno fatto i miei sponsor a sopportare tutte quelle pagine di inchieste che gettavano fango sulla credibilità del nostro team. Sono stati degli eroi a non aver mollato il colpo. La famiglia Galbusera, i titolari della Lampre (azienda brianzola di Usmate che produce lamiere preverniciate, ndr), che da 23 anni è sponsor del nostro team, non ci hanno fatto mai venir meno la loro fiducia. Come loro, anche gli altri, ai quali va il mio ringraziamento e la nostra riconoscenza. Devo anche dire ad onor del vero, che la maggior parte dei giornalisti sono stati molto corretti, hanno mantenuto una posizione vigile ma prudente: sono stati alla finestra ma senza infierire. Però un paio di giornali, tra i più prestigiosi e letti, non hanno usato la mano leggera ma bensì la clava».Non è stato facile resistere«Assolutamente no. Io ho dovuto fare un passo indietro, ho preferito mantenere un profilo più basso per il bene del team e dei miei collaboratori. Alcuni nostri tecnici, come Maurizio Piovani o Fabrizio Bontempi, sono stati in pratica demansionati. Alcuni corridori sono andati via, altri hanno smesso. Chi è rimasto ha dovuto confrontarsi con questo stato di cose. Fortunatamente, oltre alla Lampre, marchio italianissimo, ne sono entrati altri, come la Merida, colosso taiwanese della bicicletta. Insomma, nonostante le avversità, siamo riusciti a navigare in acque tempestose ma abbiamo portato la nave in porto».
Tutto questo però è il passato: e per il futuro? Si dice che siate sulle tracce di Nibali«A chi non interessa un corridore della classe di Vincenzo? A noi piacerebbe molto poterlo portare a vestire la nostra maglia, ma è ancora molto prematuro fare questo tipo di discorsi. Anche se sognare non costa nulla».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.