Due sms, redatti prima e dopo la goleada di sabato notte contro il Bologna, sono stati spediti alla casella telematica di Elliott a Londra. Il primo l'ha scritto, metaforicamente, attraverso l'intervista canonica concessa all'emittente televisiva, Paolo Maldini, attuale capo dell'area tecnica ancora in carica, pronto a farsi da parte appena diventerà ufficiale l'arrivo di Rangnick e poco tentato dalla proposta di Gazidis di essere elevato al ruolo di vice-presidente vicario del club per evitare un altro traumatico divorzio. «È fondamentale - ha scandito bene l'ex capitano - avere giocatori d'esperienza nel gruppo. I giovani sono soggetti ad alti e bassi e nei momenti di difficoltà hanno bisogno di aggrapparsi a quelli d'esperienza». Non serve un traduttore per cogliere la morale della sua opinione: questo Milan, popolato di alcuni giovani esponenti, di talento (Theo Hernandez, Castillejo, Bennacer, Kessie, Conti, Leao) ha un bisogno disperato di avere come punti di riferimento colleghi stagionati, capaci di guidarli nelle curve della stagione. È quello che è successo grazie a Kjaer, ad esempio, intervenuto come una sorta di rammendo a una difesa che perdeva Caldara, e diventato invece il socio più affidabile di Romagnoli. È capitato per merito di Ibra che meriterebbe un discorso a parte, è capitato per merito di Rebic e della contemporanea crescita di talenti indecifrabili, primo tra tutti, Calhanoglu il quale dal giorno dell'arrivo di Zlatan è sbocciato fino a diventare un tuttocampista di provato rendimento.
Il secondo sms l'ha indirizzato proprio il turco, dopo aver preso a martellate la carrozzeria del Bologna e autore di un altro sigillo, il secondo, di una collezione preziosa. Intervistato a fine partita ha dettato: «Ringrazio Pioli perché mi ha concesso di giocare in grande libertà. Noi due parliamo sempre, dentro e fuori dal campo. Io gioco anche per lui, è una persona importante non solo per me ma per tutta la squadra». Anche qui non è complicato decodificare il messaggio destinato a chi deve decidere i destini futuri del Milan, e cioè l'azionista e per l'azionista Ivan Gazidis, al quale si chiede di valutare fino in fondo i risultati collezionati e le virtù finalmente emerse in questa parte del torneo prima di procedere all'ennesima rivoluzione. I motivi sono noti e anche a Londra hanno preso nota. Il tempo a disposizione tra il 2 agosto, fine del campionato, e il 12 settembre, inizio di quello prossimo, al netto degli eventuali turni preliminari di Europa league, è molto breve. Di qui la necessità di depositare in banca tutti i beni preziosi emersi in queste settimane. Non solo. Cambiare direzione tecnica e allenatore non significa solo cambiare faccia al Milan.
Significa non usufruire più della continuità che è il segreto di alcune squadre (Lazio, Atalanta solo per fare qualche nome e cognome), delle conoscenze maturate tra staff tecnico attuale e rosa a disposizione. Se non valgono le osservazioni degli analisti, almeno quelle degli addetti ai lavori come Maldini e Calhanoglu dovrebbero far riflettere.
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