Baby Aru cerca al Giro la sua isola felice

Baby Aru cerca al Giro la sua isola felice

Devi avere pazienza. Non devi pretendere la luna: tempo al tempo. Glielo ripetono in continuazione, e lui, Fabio Aru, annuisce con quel suo sorriso da bravo ragazzo che non accetta però di restare indietro, perché è abituato a stare davanti.
È la nostra grande speranza. È il nuovo che avanza. L'uomo che può garantirci un buon futuro, ma speriamo anche un po' di presente. Fabio Aru è un ragazzo del '90, che il 3 luglio prossimo compirà 24 anni. È al suo secondo Giro d'Italia. Un anno fa si è dovuto accontentare di un 45° posto finale, dopo aver rischiato però di lasciare la corsa rosa per problemi fisici e ha chiuso la sua corsa in crescendo, con un bellissimo 5° posto alle Tre Cime di Lavaredo, in mezzo a quella bufera di neve dove il suo capitano Vincenzo Nibali mise la parola fine ad un Giro dominato fin dall'inizio.

«Dico quello che mi continuano a ripetere da mesi i miei tecnici e in particolare Beppe Martinelli - spiega Fabio, sardo di San Gavino Monreale ma da anni trapiantato nella Bergamasca (Ponte San Pietro) -: devo avere pazienza. Devo fare un ulteriore salto di qualità in questa corsa che mi piace da morire. Io sogno di poter arrivare un giorno a vestire la maglia rosa, ma c'è da crescere e imparare. Io penso di essere sulla strada giusta».
In assenza di Nibali, che quest'anno punta tutto sul Tour de France, avrà al suo fianco come tutor Michele Scarponi, uno che il Giro l'ha vinto, seppur in seguito alla squalifica di Alberto Contador. «L'ha vinto perché è arrivato subito dietro. Arrivare secondo alle spalle di uno come Alberto non è cosa da tutti e Michele è davvero un grande corridore. Io ho la fortuna di avere lui al mio fianco. Il peso della corsa sarà sulle sue spalle, ma non vi nascondo che un po' di spazio voglio prendermelo. L'importante è stare bene, non avere incidenti o accidenti. Poi il resto viene da se».

È tosto come la gente della sua terra. Caparbio come pochi, ha talento e intelligenza tattica. Gli manca l'esperienza e il lavoro di fondo - la resistenza - che si acquisisce con gli anni. Ma si vede che la stoffa c'è.

«Se mi piace partire dall'Irlanda del Nord? Si parte da un isola e per un isolano come me è il massimo. Il sogno? Arrivare almeno nei dieci. Lottare per la maglia bianca di miglior giovane e fare un bel numero in montagna: Zoncolan o Montecampione. A me va bene tutto». Anche a noi.

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