C'era una volta un ragazzone di talento con la testa matta. Uno che magari ti cambiava la partita con una giocata e poi te la faceva perdere con un'espulsione. Uno che alternava prestazioni da applausi a esternazioni da fesso. Un manifesto vivente dello spreco di possibilità. Uno inaffidabile, che nessuno voleva più. Emarginato o alla meglio mal sopportato. C'era e, forse, non c'è più. Perché adesso è tutto un altro Mario Balotelli.
Va bene che durante le due stagioni al Nizza Mario aveva rigato dritto. Facendo gol, diventando uomo squadra e non dando adito a polemiche per i suoi comportamenti (sempre e comunque sotto la lente d'ingrandimento) sia dentro che fuori dal campo. Ma quello di lunedì con la maglia azzurra era per lui, inevitabilmente, un esame. E Mario lo ha passato a pieni voti, su tutti i fronti. In campo, prima di rallentare per un problemino muscolare, ha trascinato la squadra, ha giocato bene e ha segnato un gol bellissimo che ha sbloccato la partita. Fuori dal terreno di gioco, con in mano quel cellulare che spesso gli ha provocato critiche e guai per le sciocchezze pubblicate via social, ha dimostrato maturità e intelligenza. A uno striscione razzista che lo chiamava indirettamente in causa (apparso e poi subito eliminato dallo stadio) ha risposto con un semplice ma netto «Siamo nel 2018 ragazzi basta! Svegliatevi! Per favore!». Nessun insulto, niente scivoloni, nemmeno mezza esagerazione. Inattaccabile. Inappuntabile. Una reazione da persona matura, non da ragazzotto ribelle. Quasi da applausi. Come nella dedica, sempre via social, a Davide Astori e al papà, scomparsi da poco. Non obbligatoria, non forzata, per nulla scontata.
Del resto Balotelli non ha più 18 anni, non è più un bambino allo sbaraglio. Di anni ne ha 27, ha due figli, ha l'età giusta per esplodere definitivamente e lasciarsi alle spalle polemiche, esagerazioni e stupidaggini che da sempre hanno accompagnato la sua carriera. Da sempre ma non necessariamente per sempre. Le occasioni che ha avuto sinora le ha quasi tutte gettate al vento. Questa no, non può sprecarla, non adesso. Mancini è l'uomo giusto per lui. Lo conosce bene, lo ha allenato e lo ha cresciuto ed è uno che da ragazzo era un po' come lui. Ora che gli ha ridato fiducia, Mario non può tradirlo. Anche perché facendolo tradirebbe non solo l'allenatore e l'uomo ma un Paese intero. Dopo il fallimento, l'Italia si aggrappa a lui, a quel gol, a quel post. L'Italia pallonara, umiliata e offesa, costretta a guardare il Mondiale in televisione, può rinascere e riscattarsi grazie a lui, quel ragazzone di talento finalmente diventato uomo.
Ora di Mario ci si può davvero fidare. Sta a lui convincere anche gli scettici, quelli che lo avevano etichettato senza dargli appello. E anche quelli, non è un mistero, che avevano imposto il suo allontanamento dalla maglia azzurra.
La maggior parte di loro, se non tutti, ora in Nazionale non ci sono più. E allora quella del nuovo corso targato Mancini, può davvero diventare la Nazionale di Mario. Cresciuto, maturato, impeccabile. E soprattutto decisivo.
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