Coronavirus

Basta Capello per spiegare diritti e doveri ai No Vax in A

Il libero pensatore, una volta allenatore, Fabio Capello ha detto qualcosa che vale un contagio

Basta Capello per spiegare diritti e doveri ai No Vax in A

Il libero pensatore, una volta allenatore, Fabio Capello ha detto qualcosa che vale un contagio. Nel senso positivo del termine. «Ai calciatori no vax andrebbe tagliato lo stipendio». Più facile a dirsi che a farsi, però stavolta Don Fabio ha forse agevolato il lavoro degli ex colleghi: quel che non possono dire loro (o non vogliono), ad alta voce, lo ha espresso lui. Qui non si tratta di dar la caccia ai no vax, comunque la si pensi, ma di essere consapevoli di rischi e diritti che non sono, solo e sempre, quelli di chi non vuole vaccinarsi. Esemplificativa la banalità di Sansone, calciatore del Bologna che ha stravagante cultura dottrinale. Ha spiegato che «I diritti umani non contano, non esiste più la libertà di scelta». Dimenticando che non esiste solo la sua libertà, ma pure quella altrui. Ed ora che l'indirizzo dello Stato punta ad altre restrizioni anche nello sport, gli allenatori si stanno prodigando per convincere i renitenti: c'è rischio di non schierarli dal 10 gennaio in poi. Mourinho usa l'arte per convincere un titolare a vaccinarsi. Altri tecnici lavorano di lima e vaselina. Mihajlovic ha ragionato con tre del Bologna. Insomma stavolta c'è tattica e tattica. In serie A i no vax pare non siano molti, una trentina, ma ora che il boom dei contagi si è fatto più preoccupante c'è da stare sulla sponda dell'intransigenza: i giocatori, soprattutto in A, sono professionisti ben pagati con diritti e doveri. Ed allora sarebbe meglio decidessero se preferiscono il profumato stipendio o la coerenza ideologica. Schiere di avvocati preparano carte per spiegare ai club l'impossibilità del taglio di stipendi, salvo che il no vax prenda il Covid. L'Uefa (figuriamoci) storce il naso sulla possibilità che la legge dello Stato impedisca di giocare nelle coppe. Ma qui, prima di tutto, è irriso il concetto di professionismo. Non ci può esser via di mezzo con chi rischia la sua salute (è una scelta) ma soprattutto quella altrui. E se stavolta il calcio vince la battaglia, l'ha vinta per tutti senza distinzione di fede.

Sarebbe un bel gol.

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