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«Basta fughe in avanti Chi inquina più paghi»

Il presidente Fenoglio: «L'elettrico è complesso da applicare sui camion. Ecco cosa chiediamo»

Piero Evangelisti

Roma Per l'incontro annuale con la stampa di Unrae Veicoli Industriali, il presidente Franco Fenoglio ha scelto il seguente tema: «Trasportiamo l'Italia verso il futuro», un invito che da tempo tutte le aziende legate all'autostrasporto rivolgono alla «politica» senza che ci siano state finora reazioni. Eppure, la situazione del settore è sempre più critica in una fase di trasformazione della mobilità in chiave sostenibile che favorisce le fughe in avanti, verso traguardi che non sono assolutamente a portata di mano, un processo che richiede una lunga fase di transizione. «A volte anche la banalità può essere rivoluzionaria e, in questo momento più che mai, bisogna dire le cose come stanno: la rivoluzione della mobilità elettrica, peraltro assai difficile da impiegare su larga scala per i mezzi pesanti, richiederà tempi molto lunghi», ha sottolineato Alberto Clò, docente dell'Università di Bologna e coordinatore della ricerca che Unrae ha commissionato al centro Ricerche Industriali ed Energetiche presieduto dal professore. «Ci sono voluti 100 anni perché il carbone sostituisse la legna ha ricordato Clò e un altro secolo perché il petrolio soppiantasse il carbone, processo del resto non ancora concluso se guardiamo, ad esempio, alla Germania, terra paladina del green dove si continuano ad aprire miniere di lignite, vere bombe di CO2».

La scienza, dunque, ci indica una strada che non passa di certo per la demonizzazione del diesel, frutto di «una politica strabica e priva di ogni fondamento, sia a livello nazionale sia europeo ha sottolineato con chiarezza Fenoglio - che, da un lato, obbliga i costruttori di veicoli a impegnarsi in sforzi finanziari e tecnologici inauditi per ridurre le emissioni nocive allo scarico dei veicoli e, dall'altro, non si impegna in alcun modo serio a favorire la più rapida entrata in circolazione di quegli stessi veicoli, concentrando invece l'impegno finanziario nel sostegno di soluzioni alternative di nicchia, premianti forse sul piano dell'immagine di qualche amministrazione, ma ancora non risolutive in termini di reale riduzione dei problemi atmosferici».

La fotografia del parco circolante italiano dei truck oltre le 3,5 tonnellate è spietata e non lascia margini di interpretazione: dei 663.500 veicoli in circolazione il 63,1% è ante Euro 4 e l'età media del parco è di 13 anni e mezzo, un'anzianità che incide non soltanto sulle emissioni ma anche sulla sicurezza. «Prendendo come base le previsioni di vendita che indicano 27mila consegne nel 2018, ci vorranno 17 anni per sostituire i veicoli più obsoleti ha commentato Fenoglio tempo che può solo allungarsi a causa di una situazione economica sempre più preoccupante che ci fa prevedere un calo del 10% delle immatricolazioni nel 2019».

Una seconda ricerca presentata a Roma, svolta da GiPa, società di automotive intelligence, ha messo in luce l'altra pesantissima criticità, quella rappresentata dalla riduzione drammatica delle aziende italiane che operano nell'autotrasporto a favore di imprese di Paesi europei dove costo del lavoro e salari sono particolarmente bassi. Dal 2008 al 2017 sono andati perduti oltre 130mila posti nel settore e altrettanti veicoli industriali, con una perdita secca per lo stato di 1,5 miliardi l'anno.

Premesso che è giunto il momento di fare sistema in un processo che coinvolga tutti gli attori, Unrae fa precise richieste alla politica: rendere strutturale il sostegno agli investimenti; un sistema di incentivi al rinnovo del parco basato su «chi più inquina ed è meno sicuro, più paga»; ridare efficienza alla burocrazia; impiegare risorse nella formazione dei giovani; adoperarsi per ristabilire, in Europa, le regole di una corretta concorrenza nell'autotrasporto.

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