Battuti non sconfitti

di Franco Ordine

O nore ai vinti. Onore all'Italia di Conte uscita ieri notte dall'europeo senza mai perdere dalla Germania. La resa è arrivata al culmine del nono rigore dopo una sequenza di errori dal dischetto, l'ultimo di Darmian. Ha perso la Nazionale, si è fermata ai quarti andando oltre i limiti della sua cifra tecnica. Non è una sconfitta ma una pagina da rievocare tutte le volte in cui ci sarà bisogno di fare un paragone, di citare un episodio speciale di un gruppo di guerrieri giunti a un passo dalla gloria. Respinti solo da qualche tiro sbilenco.

Per larghi tratti della sera, a Bordeaux, abbiamo schiacciato i tedeschi nella nostra metà campo, segno inconfondibile dello sviluppo della sfida, quasi a senso unico. Con la Germania padrona del pallino più che del gioco, incapace però di trovare sbocchi a velocità ridotta cui lo schieramento di Conte ha costretto il suo rivale Low, ingegnatosi nel predisporre contromisure ai ridotti mezzi degli azzurri. Per esempio sulla nascita del gioco da dietro, il ct tedesco ha sacrificato i suoi piloni d'attacco per andare in pressione feroce su Bonucci e Chiellini. Eppure la recluta Sturaro si è meritato più di una citazione, eppure lo stesso Parolo sostituto del maresciallo De Rossi s'è dimostrato degno dell'incarico e solo uno stinco di Boateng ha consentito ai bianchi di Germania di salvarsi sulla stoccata di Sturaro. Hanno concesso briciole all'Italia e con quelle briciole ha provato ad apparecchiare un pasto completo senza avere le energie e le risorse necessarie. Perché la fatica ha fatto il resto. I tedeschi, la selezione più giovane del torneo, con un giorno in più di riposo a disposizione, hanno saputo attendere con pazienza e umiltà l'occasione giusta. A furia di avvicinarsi dalle parti di Buffon, questo il loro ragionamento semplice, qualcosa dovrà pur succedere. Ed è successo appena una deviazione maldestra ha consentito a Ozil di battere a colpo sicuro, nell'angolo scoperto del santo protettore Buffon più avanti protagonista di un prodigio dei suoi.

Con questa Italia fatta di poca tecnica e di molto cuore, cioè di acciaio purissimo, si piega e non si spezza, non è mai finita: l'ha fatto capire Bonucci su rigore e poi la resistenza azzurra della durata di 120 minuti, fino ai supplementari per poi affidare il verdetto crudele ai rigori.

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