BELLI D'ARGENTO

Unica Fede. Argento mondiale nei “suoi” 200 stile libero dieci anni dopo la prima volta. Da Montreal a Kazan infinita Federica Pellegrini perché sale sul podio iridato per sei edizioni di fila nella stessa gara: nessuno c'era mai riuscito prima di lei, la più grande stile-liberista di tutti i tempi con otto medaglie iridate compresi i due ori nei 400. E l'azzurra entra nella leggenda nel giorno in cui compie 27 anni.

Divina ma anche umana come quelle lacrime liberatorie subito dopo l'impresa: «Pensavo di non farcela. Nessuno ci credeva, ma io sì. C'erano voci che dicevano di fare i 400 perché ero v... (s'interrompe) perché c'era troppa gente più veloce di me nei 200… E' stato difficile lottare contro queste voci». Non le ha ascoltate e ha avuto ragione. La scorsa estate ha cambiato allenatore, da Philippe Lucas a Matteo Giunta: «E' la giusta ricompensa dopo una stagione difficile. E' importantissima per me riprenderla dieci anni dopo la prima, all'ultimo mio mondiale, sono ancora qui». Un addio da sogno e un compleanno irripetibile: «Dove ho trovato la forza? Nel lavoro, nel vedere i tempi in allenamento che non facevo da anni e nel piacere di fare i 200 sl». La sua gara. Prime due vasche da copione, in controllo, poi la rimonta non arrivata all'oro per soli 16 centesimi. Seconda alle spalle del fenomeno a stelle e strisce, Katie Ledecky, e davanti all'altra americana Missy Franklin. Comunque Fede più veloce di tutte, particolare a smentire le “voci”, nell'ultimo “cinquanta” da capolavoro a conferma che nessuno come lei sa recitare i duecento: «E' una delle gare più difficili, in cui tra batterie, semifinali e finale possono cambiare gli equilibri».

Una consapevolezza unica quella dell'azzurra che la proietta verso Rio anche se rivela «che forse non ci credevo nemmeno all'argento, mi sarei accontentata di un bronzo per un centesimo». Innata insicurezza che in acqua si trasforma in una forza incredibile, quella che l'ha tenuta sul tetto del mondo per dieci anni. Tanto da guadagnarsi il rispetto della Ledecky e i complimenti di Laure Manaudou e del suo idolo da bambina, Franziska van Almsick: «Sono orgogliosa di lei». E Fede si commuove prima di ripercorrere la sua carriera «in cui ci ho creduto fino alla fine, ne ho superate tante, altre me le sono cercate. Ho affrontato anche la perdita di un allenatore che era come un padre». Inevitabile il ricordo di Alberto Castagnetti. Dall'inizio alla fine in lacrime: «Quelle di Montreal erano di rabbia per un oro buttato, queste sono di gioia.

Mi sono regalata un compleanno eccezionale, ma rimando i festeggiamenti perché c'è la staffetta (oggi la 4x200, ndr), ma non credo farò i 100». E poi ci sarà ancora un sogno a cinque cerchi per cui vale la pena piangere. Perché le lacrime rendono Fede ancora più bella e divina.

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