La prima spegne subito il sorriso. Erick Thohir debutta a San Siro con un pareggio come solo Ernesto Pellegrini, ma in un derby, aveva fatto all'esordio in casa tra i presidenti nerazzurri del dopoguerra. Il pareggio con la Sampdoria gela, più del primo vero freddo milanese, il tycoon indonesiano che per novanta minuti ha sfidato gli spifferi ghiacciati del Meazza in giacca offrendo addirittura nel finale di partita i suoi guanti in pelle a Massimo Moratti. Thohir ha comunque applaudito al fischio finale ma era l'eloquente smorfia sul volto. Bravo fino a un certo punto a mascherare la delusione al contrario di Moratti. «Credo che questa squadra sarà ancora più forte, ma bisogna essere bravi per 90 minuti e non solo per 45», la prima lapidaria analisi di Thohir.
«Dobbiamo accettare il risultato, ma si può fare meglio», le parole con tanto di chiosa filosofica «questo è il calcio, che non è solo divertimento, c'è anche una parte di dramma» che ribadisce il concetto presidenziale prima di dare appuntamento a Natale: «Ci sarò al derby», annuncia Thohir. Infatti nello spogliatoio alla squadra ha dato l'arrivederci alla sfida col Milan dove ha cercato «di rincuorare il gruppo, mi ha abbracciato» ha rivelato Walter Mazzarri che avrebbe voluto dedicargli una vittoria, ma non è stato possibile perché «è stata la mia peggior Inter». E l'allenatore tradisce nervosismo quando gli parlano di delusione del presidente: «Se l'Inter non è piaciuta né a me né a Thohir? Lei non sa se a Thohir è piaciuta! Non metta in bocca le cose che non deve mettere in bocca». Però che il pareggio con la Sampdoria stoni nel contesto della giornata lo ammette il dg Fassone: «Un po' di delusione c'era da parte di tutti, non solo del presidente».
Già perché tutto era stato preparato nel migliore dei modi. A partire dall'invito agli ex. Thohir si era presentato in largo anticipo allo stadio proprio per accoglierli tutti «perché hanno fatto qualcosa per l'Inter, anche chi ha giocato solo 1'». Non c'erano né Ventola né Fresi, i due citati tra i suoi preferiti del passato. C'era però un imbucato, non certo per l'apporto dato alla causa nerazzurra, ma perché poi si è seduto sulla panchina avversaria. Sinisa Mihajlovic ha saltato con lo stadio al grido «chi non salta è rossonero», visto anche in versione cinese «lossonelo» in uno degli striscioni di benvenuto al presidente indonesiano, prima di confezionare la beffa con un tiro di Renan al novantesimo. E impietosa la Thorir-cam ha immortalato il presidente sprofondato al suo posto in tribuna dopo una partita «vissuta»: dalle proteste per un fallo su Palacio all'esultanza senza freni per il gol di Guarin. Tutto rovinato in una giornata che doveva essere da ricordare tra una stretta di mano con Mazzola e una chiacchierata con Figo, non a caso i due tra i più applauditi insieme a Materazzi, Cordoba e Berti (e anche Juary) nella sfilata in campo prima della partita.
A quel punto Thorir aveva già indicato la via da seguire per il futuro: «L'obiettivo, dal punto di vista societario, è raggiungere il livello di Manchester United, Bayern Monaco». Insomma c'è da lavorare. Giù la testa, quindi anche ieri sera altre riunioni e vertici per l'infaticabile Thohir che oggi ripartirà per l'Indonesia. A tutto campo, a partire dallo stadio: «Cosa penso di San Siro? È eccellente, c'è tanta storia ma si può migliorare con i nostri partner. C'ero già stato da tifoso, da presidente c'è più pressione». E poi la squadra: «Ho detto ai giocatori: è molto importante giocare non solo col talento ma anche con il cuore». Ieri è stato così solo in parte. E allora si tiene stretti i 45mila del pubblico dopo aver firmato autografi a getto continuo: «Ho visto davvero un grande pubblico, è incredibile tutto questo entusiasmo». E però ha subito capito l'antifona, gli applausi si sono trasformati in fischi. Colpa di un Renan qualunque.
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