Forse è il caso di appuntarsi la data per future ricostruzioni storiche: domenica 25 novembre del 2011. Può diventare il giorno destinato all'atto di nascita ufficiale e solenne del giovanissimo Milan seguito all'estate della grande liquidazione e all'addio dei grandi vecchi di Manchester e Atene. Tenera è la notte seguita all'ultimo Milan-Juve dell'anno, accompagnata dalle battute in libertà sul rigore firmate da Silvio Berlusconi e Adriano Galliani, arrivati da San Siro in compagnia di Allegri e Van Basten per la cena in pieno centro a Milano. «Le è piaciuto vincere con un rigore dubbio?» la domanda al presidente. «È la cosa che dà maggiore soddisfazione. Dalla tribuna sembrava proprio rigore, alla tv qualche dubbio mi è venuto» la replica. A microfoni spenti quella del suo vice Adriano Galliani è meno diplomatica. «Ci vogliono 10 rigori così per pareggiare il gol di Muntari....». Battezzato il Milan del futuro, se ne possono definire le caratteristiche. Dinanzi a microfoni, taccuini, tifosi che reclamano autografi e foto ricordo, Silvio Berlusconi non ha cedimenti di tipo retrò. «Dal progetto giovani non si torna indietro, compreremo solo giocatori al massimo di 23 anni cui potranno essere aggiunti qualche campione per completare il puzzle» è la linea editoriale fissata come accadde nel castello di Pomerio, estate dell'87.
Toccherà ad Adriano Galliani realizzarla nei suoi dettagli tenendo conto dei gusti estetici del presidente e delle necessità tecniche del gruppo. «In attacco il trio che farà scintille è già composto: El Shaarawy più Bojan e uno tra Pato, quando tornerà in salute, e Robinho. Contro la Juve abbiamo rinunciato al fattore estetico di Bojan preferendogli l'aggressività di Boateng per le caratteristiche della sfida con la Juve» la spiegazione del presidente che dedica sempre a Pato, il nervo scoperto del Milan di oggi, felice, felicissimo, per essere riuscito «a cancellare la tormentata partenza della stagione». «Mai mi sono pentito di aver rinunciato alla cessione di Pato, per il quale ci avevano offerto la cifra di 40 milioni. Personalmente non mi è mai piaciuto Tevez» l'altro particolare reso alla folla e che scrive la parola fine sul famoso scambio, preparato in ogni dettaglio da Galliani a gennaio del 2011, e finito nel cassetto dei ricordi per l'intervento dell'allora premier.
Inutile coltivare altre illusioni. Snejider, ad esempio. «Non ne ho sentito parlare e non c'è nessuna ipotesi legata al Milan» la smentita secca. Quelle cifre da capogiro, stipendio di 6 milioni netti l'anno, sono diventate fuori parametro per il bilancio rossonero. E così anche per Balotelli. «El Shaarawy vuol giocare con Mario? Sì, ma a carte» la battuta pronta. A tavola e ai microfoni, in privato insomma, Silvio Berlusconi non ha nascosto i complimenti ad Allegri per la felice scelta del team, dei cambi e anche del capitano schierato contro la Juve, Montolivo, e li ha ripetuti in pubblico. Lasciando la porta aperta al ritorno di Marco Van Basten («tutto può accadere»), tenendo lontano Pippo Inzaghi dalla panchina («deve farne tanta di gavetta») e riaprendo il capitolo Guardiola con una lettura completamente diversa rispetto a quella accreditata dai media. «Nel calcio ci sono state tre squadre che hanno fatto la storia: una è l'Ajax di Cruyff, una è il Milan degli olandesi e l'ultima è il Barcellona di Guardiola.
Tutti vorrebbero giocare come loro e anche Allegri lo sa benissimo ma ora noi andremo avanti con Massimiliano, con lui ho un rapporto eccellente» è la cornice dentro la quale può riposare nei prossimi mesi la trattativa diventata strumento per alimentare motivazioni speciali.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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